“I detenuti liberano i ricordi mentre ascoltano le mie canzoni”
Giovedì 15 maggio Davide Van De Sfroos suonerà al Miogni di Varese. È il quarto concerto del cantautore comasco all'interno delle carceri lombarde
Sarà un Jonny Cash che canta in dialetto comasco, suona la pizzica e le canzoni del sud. Proprio come il celebre cantante americano che fu il primo, negli anni Sessanta, a tenere i suoi concerti e a incidere dischi nelle carceri anche Davide Van De Sfroos passa con la sua musica tra i detenuti della Lombardia. Giovedì 15 maggio sarà ai Miogni di Varese a chiusura del progetto di "educazione alla legalità" realizzato dalla Casa Circondariale in collaborazione con l’Isis di Varese. «Suonare in carcere per un musicista – ha spiegato De Sfroos – vuol dire dare qualcosa ai detenuti e portare a casa qualcos’altro. Nel momento in cui entro in questi luoghi faccio appello alla mia sensibilità, quella che mi ha sempre accompagnato: davanti a me ho delle persone. Di esse è interessante sapere molte cose: le passioni, il lavoro, la terra da cui provengono, il colore etnico, fisico. Le differenze sono importanti non sono razzismo, le differenze sono quello che ci rende interessante. Quelle tra regione e regione d’italia nel mio lavoro hanno fatto veramente tanto. Per un antropologo mancato come me le differenze tra ogni persona vogliono dire tutto».
Quello di Varese è il quarto carcere che ospiterà il concerto del cantautore comasco. Il primo fu a Como, al Bassone. «Per suonare lì chiesi all’allora ministro della giustizia Roberto Castelli la possibilità. Lui apprezzò la mia idea e dopo una settimana suonai al Bassone. Da quel concerto nacque "Il prigioniero e la Tramontana", canzone che io giovedì, al carcere di Varese, non canterò perchè ne vorrei leggere il testo in dialetto e dare la traduzione italiana. La canzone è il risultato di quanto ha suscitato in me vedere tante persone che mi stavano davanti e riuscivano a vedere oltre il luogo dove erano rinchiuse grazie alle parole che cantavo. Ho visto liberare i ricordi e anche qualche lacrima scendere».
Anche la seconda tappa fu a Como, questa volta in un dibattito con Moni Ovadia e un gruppo di detenuti che avevano lavorato su se stessi. «Lodi (terzo concerto, ndr) fu la più dura – ha aggiunto De Sfroos- era un piccolo carcere. Passai un’ora con i detenuti ed è intenso: con queste persone parli, loro si raccontano e poi al momento dei saluti li vedi sparire nelle loro celle, separati da quelle grosse sbarre verdi. E allora ti rendi davvero conto di quanto valga la libertà».
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