Per Israele la soluzione c’è da 60 anni, manca la volontà politica

Marco Paganoni, professore di storia e istituzioni dello Stato di Israele, è intervenuto al Rotary club di Sesto Calende, Angera e Lago Maggiore

«È già difficile spiegare il passato. Figuriamoci il futuro». Marco Paganoni, professore di storia e istituzioni dello Stato di Israele , cita il film “Le invasioni barbariche”. Il futuro a cui si riferisce è naturalmente quello di Eretz Israel. Paganoni, ospite del Rotary club di Sesto Calende, Angera e Lago Maggiore, al Sunset Hotel, non ha avuto alcuna difficoltà a parlare della fondazione dello Stato israeliano, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario dalla fondazione.

Una relazione chiara e appassionante, soprattutto se si considera che lo studioso è un gentile, «un goy», come lo chiamerebbero in Israele, cioè un non ebreo. Lo studioso, che attualmente insegna al collegio rabbinico di Roma, ha ripercorso la storia della nascita dello Stato d’Israele, partendo dalla teorizzazione del sionismo di Theodor Herzl fino alla situazione dei giorni nostri. Ha sfatato il luogo comune e pericoloso, soprattutto alla luce dell’attuale conflitto con gli arabi, che la nascita di questo stato sia stata solo una conseguenza dello sterminio degli ebrei (Shoah è il termine esatto, non olocausto) durante la Seconda Guerra Mondiale. «La Shoah ha sicuramente incentivato il flusso di immigrazione in Israele, ma la necessità di uno stato ebraico era precedente». 

Quando si parla di Israele si tende a confondere e sovrapporre il significato politico con quello religioso, perché il popolo ebraico è un popolo e una religione. Ma lo Stato ebraico è laico per costituzione, ben lontano dalle teocrazie di alcuni stati arabi, e gli israeliani sono una popolazione composita che vanta tra le sue fila anche arabi cristiani e musulmani. «I cittadini di Israele non devono rispondere alle mitzvot (le regole della Torah n.d.r), ma alle leggi che fa il parlamento – ha precisato Paganoni – perché fanno parte di uno stato che ha affermato la sua laicità fin dalla fondazione. È chiaro che come avveniva nella prima repubblica in Italia, la natura composita della società israeliana si riflette nel parlamento dove ci sono anche piccoli partiti religiosi che fanno pesare la loro partecipazione nella coalizione di governo».

Gli israeliani hanno fatto “risorgere” una lingua morta, l’ebraismo antico, che dopo la diaspora era stato sostituito dalle lingue dei paesi di accoglienza o da idiomi contaminati come lo yiddish o il giudaico romanesco. Ma il  segno di una volontà caparbia  è rappresentato anche dalla capacità di questo popolo di integrare gli immigrati ebrei provenienti da tutto il mondo, Yemen ed Etiopia compresi. Il perenne conflitto con il mondo arabo, secondo Paganoni, avrebbe delle soluzioni scritte fin dalle origini, prima fra tutte la costituzione di due stati, uno ebraico l’altro palestinese, indipendenti. Soluzione, in origine rifiutata  dalla Lega araba, oggi frustrata dalla mancanza di una volontà politica vera. Non si puo’ nemmeno parlare di fallimento causato dalla «maledizione del premier», ipotesi suggestiva suggerita dal giornalista Gianni Spartà (ospite rotariano della serata), sulla scorta delle sciagure capitate ai primi ministri israeliani “possibilisti”.

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Pubblicato il 10 Ottobre 2008
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