Scalfari esalta il leghismo, ma non quello pedemontano

Politica, giornalismo e senso della vita. A Villa Recalcati la lectio magistralis tenuta dal fondatore del quotidiano "La Repubblica" per il Premio Chiara 2008

scalfari festival del racconto 11 ottobre 2008

Ha la barba e i capelli bianchi, la voce calma anche quando dice cose grosse. Potrebbe essere Dio, ma neppure lui ci crede. La lectio magistralis di Eugenio Scalfari è stata un bagno di sapienza e di inquietudine per le tante persone accorse a Villa Recalcati.

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Il fondatore del quotidiano La Repubblica, l’editore-direttore, l’uomo che è andato a pranzo venticinque volte con Silvio Berlusconi senza farsi vendere nulla, ha parlato del senso della vita o, per dirla alla Scalfari, dei tanti sensi della vita. Nemmeno la misurata introduzione del giornalista Gianni Spartà – che forse per la prima volta nella sua vita non è andato a braccio – è riuscita a scalfire la sua fama di maestro. «Repubblica non è un tabloid, formato tipico dei giornali sensazionalisti – ha precisato Scalfari – ma un formato berliner (o berlinese o midi ndr). Il mio nuovo libro non è un trattato filosofico perché dopo Nietzsche non esiste un pensiero sistematico. È un libro sull’io, una ricerca tra il vissuto e il pensato».

Nella sala che ospitava il Premio Chiara 2008 non c’era nessuno dei capi (di quelli veri) della Lega Nord. Peccato, perché Scalfari ha parlato di corda in casa dell’impiccato. “L’inventore” di Repubblica ha sottolineato quanto sia importante per un quotidiano, soprattutto se locale, il radicamento sul territorio. «Il giornale che tu dirigi – ha detto Scalfari, rivolgendosi a Spartà, promuovendolo sul campo – è il più importante di questa provincia e inevitalbimente è un giornale leghista, perché la Lega è diventato un modo di elevare l’interesse locale a livello nazionale, un interesse locale sublimato. Però parlo di un leghismo italiano e non pedemontano. Diversamente sarebbe un corpo estraneo, da combattere».

La lectio magistralis ha viaggiato, per un quarto d’ora, sui binari previsti dal programma del Premio Chiara. Scalfari si è preso un po’ in giro per le sue due lauree ad honoris causa, ricevute a Torino e Lecce, ma la cultura profonda dell’uomo è venuta fuori quando ha parlato del romanzo spiegandone le varie tipologie e tirando in ballo Omero, Rabelais e Villon.
Poteva sembrare una lezione intrisa di pessimismo cosmico, soprattutto quando ha ricordato che la storia si ripete e l’uomo non impara nulla dagli errori, nemmeno l’infallibile Tremonti, perché è il caso che governa il mondo. Ma pur non credendo in un senso ultimo dell’esistenza, pur non fregandogli nulla del fatto che lassù qualcuno lo ami, gas, bosone o Dio che dir si voglia, Scalfari ha voluto lasciare uno spiraglio al pubblico varesino: «L’intera giornata è fatta di tanti segmenti di senso, perché l’uomo senza senso non puo’ vivere e il nostro senso viene dal vivere».

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Pubblicato il 12 Ottobre 2008
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