Malpensa: oltre la crisi potrebbe esserci la terza pista

Presentato lo studio del Mitre di Washington. Cauti i sindacati, contrari gli ambientalisti. Gelosa: "La politica decida cosa fare dell'aeroporto"

Il mercato del trasporto aereo è in crisi, ma a Milano guardano avanti. Sea e il Mitre, istituto di ricerca statunitense leader nello sviluppo avanzato del sistema aeronautico, hanno presentato all’Università Bocconi di Milano lo studio effettuato tra il 2004 e il 2006 sui possibili sviluppi dell’aeroporto varesino che fanno rima con terza pista, argomento discusso e controverso da decenni. Dopo una breve presentazione del presidente della società che gestisce gli scali milanesi, Giuseppe Bonomi, la palla è passata agli esperti del Mitre di Washington che hanno illustrato i termini dello studio ai numerosi e attenti ospiti. Il clima è cambiato rispetto a quando è cominciata l’analisi sui possibili sviluppi di Malpensa, ma gli esperti del Mitre assicurano che la crisi verrà superata e i flussi torneranno ad aumentare: dalla proiezione una sola ipotesi è giudicata valida per la crescita di Malpensa: una terza pista  lunga 2400 metri, parallela e collocata a sud ovest dell’attuale coppia di piste, orientata 1211 metri ad ovest della pista 35L, con uno spostamento di quest’ultima di 280 metri a sud, per permettere le partenze indipendenti dalla nuova pista. Gli esperti del Mitre assicurano che il posizionamento della terza pista e il forte incremento di traffico in un lungo lasso di tempo previsto nello studio non provocherà un aumento dell’esposizione al rumore per le comunità circostanti, salvo per una “moderata esposizione” che interesserà una piccola parte di Tornavento, frazione di Lonate Pozzolo: il rumore verrà meglio distribuito tra le aree circostanti lo scalo e le ultime tecnologie aiuteranno a limitarne l’impatto. Se l’ipotesi terza pista verrà giudicata idonea e realizzata, in caso di una crescita di flussi e di traffico (si dovrebbe arrivare a 1300 movimenti al giorno, 90 all’ora) Malpensa sarà a posto almeno fino al 2020: dopodichè per crescere ancora ci si dovrà rivolgersi altrove e Montichiari sembra essere agli esperti del Mitre la soluzione più appetibile. Tempi e costi per la realizzazione non sono stati analizzati. 

Presenti tutti i sindaci del sedime aeroportuale. Il maggior interessato è Piergiulio Gelosa, primo cittadino di Lonate Pozzolo, comune sul cui territorio il Mitre individua l’area per la costruzione della terza pista: «Abbiamo ascoltato con attenzione, ora dovremo valutare e analizzare bene il documento, tutto in inglese – spiega Gelosa -. Certo lo studio è realizzato da un istituto di professionalità indiscutibile e al di sopra delle parti. Ora è la politica che deve dire cosa si vuol fare di questo aeroporto: per il territorio l’impatto è pesante, a Tornavento se decideranno di realizzare la terza pista le conseguenze si faranno sentire. Le uniche costruzioni in atto sono state autorizzate nel 1995, ma si andrebbe a toccare via Gaggio, una strada pedonale, storica e nel Parco del Ticino, dalla quale passano tantissime persone tutto l’anno: anche questo è un prezzo da valutare». Cauti i sindacati: «L’approccio politico è interessante – spiega Ezio Colombo della FIlt Cgil -: in una situazione di crisi si guarda comunque allo sviluppo futuro. Praticamente però si deve andare con i piedi di piombo: bisogna valutare se il traffico realmente aumenterà, se le compagnie aeree annunciate realmente arriveranno e se l’ambiente non subirà conseguenze devastanti. Noi siamo preoccupati per la crisi presente, che tocca tante famiglie indipendentemente da Cai e Alitalia, sulle quali non contiamo più per lo sviluppo futuro: serve liberalizzare i cieli e le rotte, puntando sulle potenzialità di mercato che ci sono e vanno sfruttate». Decisamente negativo il giudizio degli ambientalisti: «Il territorio non è stato considerato – attacca Beppe Balzarini di Unicomal Lombardia -. Lo studio parte dal presupposto che il traffico deve crescere, noi diciamo che non ci stiamo. Ci facciamo una bella risata quando dicono che aumenta tutto, ma non il rumore: questo progetto va a rovinare ancora il Parco del Ticino. I sindaci dovrebbero chiedere ai loro concittadini cosa ne pensano, non essere asserviti alle esigenze di uno scalo fatto male e sviluppato peggio».    

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Pubblicato il 18 Novembre 2008
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