I cervi sono troppi e diventano “predatori” delle capre

Tutta colpa di un parassita che agisce sul sistema nervoso degli ovini. Gli allevatori preoccupati. L’assessore Specchiarelli: “Abbattimenti selettivi nella norma”

Si insedia nel midollo osseo della capra, non è pericoloso per l’uomo ma alla fine può portare l’animale all’abbattimento, con danno per l’allevatore che ha meno latte per fare la tanto amata formaggella del Luinese. Una volta le capre sentivano quando un pericolo si avvicinava: erano lupi, linci e altri animali che li attaccavano per sbranarli. Oggi il predatore è silenzioso e viene dai compagni di pascolo: i cervi, che diventano un pericolo a causa dell’“Elaphostrongylus cervi”; si tratta di un parassita che vive nei muscoli degli ungulati e che viene espulso sotto forma di minuscole larve tramite le feci. Se i pascoli dove le capre si nutrono sono gli stessi, il parassita attacca e può trasferirsi nel sistema nervoso dell’animale, impedendogli di reggersi sulle gambe. «Ne perdo così 5-6 l’anno su oltre 100 capre – spiega Desiderio Carraro, allevatore dell’agriturismo Pian dei Lares – si ammalano e non riescono più a camminare”. Motivo? «Ci sono troppi cervi – spiega Desiderio – che scendono a valle. Queste montagne ne sono piene, si vedono spessissimo anche qui vicino».
In Veddasca e nel Luinese la questione è risaputa, tant’è che un giovane studente della facoltà di veterinaria, Eric Alberti, figlio di un allevatore del Lago Delio, ci sta facendo la tesi per una laurea in Medicina Veterinaria all’università di Milano. «Il parassita è stato segnalato più volte in Canton Ticino – spiega Eric, 26 anni. In Val Veddasca stiamo studiando la cosa, dal momento che negli ultimi anni ci sono stati diversi casi sospetti. Non esiste una cura specifica, se non una somministrazione di vitamine all’animale, e comunque il parassita non è pericoloso per l’uomo: certo debilita a tal punto l’animale che è necessario a volte procedere alla macellazione». Il motivo è la “promiscuità” che si è creata negli ultimi anni con la fauna alpina. «Abbiamo sempre rispettato gli abbattimenti programmati – spiega l’assessore provinciale alla caccia Bruno Specchiarelli – che avvengono mediante l’apertura di finestre programmate. Per la Provincia, non finiremo mai di ripeterlo, cervi, mufloni e daini costituiscono una risorsa. Tuttavia è bene che questi animali non vengano a contatto con l’uomo: devono restare nel loro habitat, e in assenza di predatori, anno per anno, si stabiliscono quantità e tipologia da abbattere. I cacciatori seguono un corso specifico e viene loro assegnato un capo da abbattere e possono sparare solo a quelli indicati. Si seguono criteri di selezione naturale, che è la più spietata, proprio come accadrebbe in presenza di predatori, che attaccano i soggetti più deboli. Capita che un cacciatore debba sparare a cuccioli, a esemplari vecchi o a femmine». Il territorio provinciale popolato da animali selvatici viene diviso in due aree, una alpina e una a quote più basse: in tutto la popolazione di cervi ammonta ad oltre 400 esemplari. Poi vengono un migliaio di caprioli, 250 camosci e 300 mufloni e tantissimi cinghiali.
«Quest’anno abbiamo raggiunto l’84 per cento degli abbattimenti programmati nella zona alpina e il 73 per cento nell’Atc1 (l’altra area in cui viene divisa la provincia) – conclude Specchiarelli – rigorosamente seguendo le direttive del piano abbattimenti approvato dall’istituto nazionale fauna selvatica».

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Pubblicato il 18 Febbraio 2009
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