I “chirurghi” degli affreschi lavorano a Sacconago

Gli artisti del laboratorio San Gregorio fanno rivivere le opere d'arte. L'azienda sarà tra gli espositori di VareseRestaura, all'interno della fiera ArredoeCasa

Quale emozione si prova di fronte a un affresco del Cinquecento sapendo che presto, grazie alle proprie mani, riacquisterà l’antica bellezza che il tempo ha offuscato? Solo i più abili restauratori lo possono svelare. Come Michele Barbaduomo, artigiano restauratore che con il socio Luigi Reina guida il laboratorio San Gregorio di Busto Arsizio. Da più di vent’anni l’azienda bustocca si occupa del recupero e della pulitura di opere mobili, come quadri, sculture e pitture su tela e immobili come affreschi, facciate di edifici storici o pareti. Il laboratorio è nato nel 1989 dopo alcuni anni di apprendistato "a bottega" dei due titolari e ha lavorato per soprintendenze, musei, enti pubblici ed ecclesiastici. Oltre alle grandi opere inoltre, l’impresa bustocca esegue interventi all’interno delle abitazioni e proprio in questi giorni sarà possibile vedere i suoi artisti all’opera allo stand di VareseRestaura l’area, all’interno di ArredoeCasa, dedicata proprio a questi specialisti.

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Barbaduomo, come si diventa restauratori?
«La nostra formazione deriva dal liceo artistico e dall’esperienza. Siamo stati allievi di restauratori e questo periodo "a bottega", più alcuni anni di lavoro in proprio ha permesso di qualificarci per poter partecipare agli appalti pubblici. Oggi diventare restauratore non è semplice: ci sono le scuole di stato oppure quelle regionali alle quali però occorre affiancare un periodo di esperienza in proprio».

Come avviene l’assegnazione dei lavori e delle opere da ristrutturare?
«Solitamente in due modi: con licitazione privata, quando i direttori dei lavori invitano alcune ditte alla gara sulla base di un giudizio sulle capacità dell’impresa, oppure con appalti pubblici. In quest’ultimo caso però la concorrenza è molto più forte ed è difficile vedersi assegnare l’incarico. Ci si trova a competere anche con un’ottantina di imprese e questo è uno dei segnali di una crisi che tocca anche il nostro settore».

In che senso, questo non succedeva anche prima?
«Innanzi tutto bisogna premettere che l’Italia è ricca di opere d’arte ma i fondi spesso mancano. La scarsità di lavoro porta dunque le imprese a competere anche quando un appalto implica lo spostamento da una regione all’altra. In passato alle gare pubbliche partecipavano più che altro le aziende del territorio oggi vediamo un gran numero di partecipanti che arrivano da tutta Italia. In Lombardia comunque il lavoro non manca».

Quello del restauratore è un lavoro di sacrificio, necessita molta dedizione e spostamenti anche per periodi di tempo lunghi.
«Sì, spesso ci si trasferisce nei luoghi dove si dovrà lavorare e non è sempre facile capire quanto tempo richiederà un incarico. La durata del lavoro dipende infatti dal degrado dell’opera e non c’è una formula che vale per tutti i casi. Una parte molto importante del lavoro è proprio quella iniziale: si procede prima all’analisi del contesto storico poi a quella scientifica e dove possibile chimica e delle tecniche esecutive. Questo passaggio è necessario per capire quali materiali si possono usare e quali invece rischiano di rovinare il dipinto. È una fase molto delicata: si procede per piccole prove e si decide come intervenire per la pulitura».

In che cosa consiste invece la vostra attività all’interno delle abitazioni?
«La decorazione di interni è una componente importante del nostro lavoro. Si va dalla restaurazione al recupero di elementi che hanno un valore artistico particolare».

È importante partecipare a una fiera come ArredoeCasa? Che cosa mostrerete all’interno del vostro stand?
«Grazie all’importante sostegno dell’Associazione Artigiani della provincia di Varese possiamo partecipare a occasioni come questa che sono una vetrina importante per un’azienda come la nostra. In questo caso entriamo in contatto con possibili clienti interessati agli interni. Abbiamo scelto perciò di allestire una sorta di stand didattico: mostreremo un pannello decorato che si può riproporre su qualsiasi parete, prepareremo delle decorazioni ex novo e dimostreremo come avviene lo "strappo" di un graffito, vale a dire il suo spostamento dal muro».

La vostra abilità nel restaurare grandi affreschi è un buon biglietto da visita. Quali sono le opere di cui andate più fieri?
«In vent’anni di attività abbiamo fatto molto. Nella zona, abbiamo restaurato gli affreschi della Basilica di San Giovanni a Busto Arsizio e di Bernardino Lanino nella chiesa di San Magno a Legnano. A Milano abbiamo lavorato alle opere del Cerano e di Procaccini nel santuario di Santa Maria presso San Celso. A Mantova abbiamo ricevuto un incarico dall’Archivio di Stato mentre a Bergamo abbiamo restaurato degli affreschi medievali in San Michele al Pozzo Bianco».

C’è qualcosa in particolare che sogna di restaurare?
«In questo momento sì e proprio qui vicino. La parte più antica della chiesa settecentesca di Sacconago. Abbiamo ottenuto l’autorizzazione a procedere ma si dovranno trovare i fondi. In questa chiesa ci sono degli affreschi coperti dalle imbiancature. Penso che riuscire a restituire alla comunità dei dipinti del Quattrocento e del Seicento mai visti finora sia uno stimolo importante per la nostra attività e naturalmente una forte emozione per noi restauratori».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Febbraio 2009
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