Missione varesina in Antartide, “disgelo pericoloso, rilascia CO2 e metano”

Il glaciologo dell'Università dell'Insubria Mauro Guglielmin, di ritorno dal Polo Sud, parla di riscaldamento globale e dei rischi legati allo scioglimento dei ghiacciai

«In Antaride c’è un aumento di CO2 e di metano, un tempo custodito all’interno dei ghiacci del permafrost e ora rilasciato nell’aria. Cosa succederebbe se all’improvviso tutta quell’anidride e quel metano venisse rilasciato nell’aria? Attualmente, non si sa. Si potrebbe pensare che il surriscaldamento subirebbe un’impennata». A parlare è Mauro Guglielmin, ricercatore e glaciologo dell’Università degli Studi dell’Insubria appena rientrato da una missione al Polo Sud, ospite della base britannica per sviluppare il progetto “Permafrost e Cambiamento climatico”, di cui l’Università dell’Insubria è capofila e che vede coinvolte le Università di Ferrara, Trieste, Milano Statale e La Sapienza di Roma.

«L’Antartide marittima sta subendo un forte surriscaldamento, quella continentale no. Per intenderci, nelle zone verso l’America latina c’è stato un grande sviluppo di vegetazione. Nella parte verso l’Australia no» – spiega lo studioso. 
«Abbiamo avviato un lavoro di ricerca per quantificare il rilascio di CO2 e di metano in questa parte della terra. Il lavoro è legato ai risultati di uno studio effettuato in Artide di cui, però, manca ancora la quantificazione esatta degli effetti. Il problema è che il riscaldamento globale sta incidendo sul permafrost e sullo strato attivo ( quella porzione di permafrost che per alcuni giorni o settimane supera la temperatura di meno 3 gradi, diventando instabile)».
Per il momento, però, il professo Guglielmin non si sbilancia, attenendosi ai fatti: «La nostra ricerca è appena partira in Antartide con due nuove postazioni di studio. Nicoletta Cannone dell’Università di Ferrara si è concentrata sulla vegetazione. Negli ultimi 50’anni questa parte del Polo ha visto uno sviluppo consistente di piante. Queste però, nonostante le più che favorevoli condizioni climatiche, continuano a rilasciare nell’aria CO2. Un fenomeno che va studiato con attenzione»

Nella stessa direzione il ricercatore Guglielmin si sta muovendo sulle Alpi italiane: « Sullo Stelvio, per esempio, la vegetazione è profondamente cambiata negli ultimi 50’anni. Il clima più caldo e la scarsità di precipitazioni nevose hanno contribuito a questa evoluzione. Queste nuove piante stanno producendo più anidride carbonica rispetto al passato».
«Diverso è il discorso sul metano, un gas che accelererebbe di gran lunga il processo di surriscaldamento globale. In questo campo le nostre indagini sono veramente agli inizi e ancora non possiamo sbilanciarci su congetture o ipotesi. Una cosa, però, vorrei chiarire:  va ancora stabilito un nesso tra gli effetti dei cambiamenti e l’opera dell’uomo».

Nel corso di quest’ultima campagna  del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide si è proceduto all’installazione di una stazione di monitoraggio permafrost con 26 termometri posti tra 0 e 31 m di profondità. Questo nuovo punto collocato a Rothera costituisce il 7° punto di una rete iniziata nel 1996. Il progetto mira a individuare informazioni sull’impatto che il cambiamento climatico ha sul permafrost e sugli ecosistemi terrestri in Antartide, attraverso la mappatura e il monitoraggio del permafrost e dello strato attivo.

Da anni, il professor Guglielmin è impegnato nelle ricerche sulle variazioni di permafrost e di strato attivo anche in vista della prevezione di frane e smottamenti: il permafrost è una sorta di colla tra le rocce alpine, il suo scioglimento porta allo sgretolamento della montagna, come avvenne nel 1987 in Val Pola in Alta Valtellina quando morirono 20 persone. I suoi studi si estendono alle Alpi anche se i finanziamenti sono sempre più risicati: « Porprio domani, iniziamo un nuovo progetto triennale sul Monte Rosa grazie ad una convenzione con la Regione Piemonte. Sul fronte polare, invece, i fondi sono ormai ridotti al lumicino, si parla di soli 9 milioni di euro. Noi riusciamo a lavorare grazie soprattutto ai buoni rapporti con il governo britannico con cui, speriamo di poter continuare a lavorare, nonostante la crisi».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Febbraio 2009
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