Ballan, il sorriso di chi ha già vinto

Il campione del mondo affronta con sovrana tranquillità una gara che sa molto dura.

Nel giardino di Villa Cagnola, tana delle tigri azzurre, al calar del sole si possono fare incontri inattesi, cogliendo la semplicità dei campioni del pedale. Alessandro Ballan, l’iridato che difenderà il titolo domenica, è tutto un sorriso. Nulla di nuovo si dirà: sorride spesso, con quel viso che lo fa ancora più giovane dei suoi trent’anni scarsi. Ma se c’è chi ha buoni motivi di essere tranquillo e di guardare con calma olimpica alla nuova e difficile prova mondiale è proprio lui. Si dice che la maglia iridata possa pesare come un macigno, ma se è così, Ballan non lo dà proprio a vedere. Parla al telefonino, con la sua cantilena veneta, a bassa voce, discreto, quasi timido. In gara pare già di immaginarlo, la pedalata lunga e quella maglia con i colori dell’iride, che pensa: "Chi, io?"
Sì, lui. La sua "fucilata" di un anno fa in pieno centro a Varese, dopo duecentosessanta chilometri di coltelli nelle gambe e spietati marcamenti reciproci fra italiani e spagnoli, è già leggenda.
Lo sapevano forte l’anno scorso, ma non così forte. Quest’anno cosa succederà? Tutti… col giubbotto antiproiettile contro le "fucilate"? Tutti a "marcarlo" stretto? «Be’, mi conoscevano anche l’anno scorso gli spagnoli, mi avevano visto alla Vuelta. Domani correrò tranquillo, senza l’ossessione di vincere, il mio Mondiale l’ho vinto. Potrò fare una gara d’attesa». Ossia, traducendo, essere a disposizione della squadra. Poi, è vero che il percorso potrà essere più favorevole a compagni più versati per la salita. «Sarà una gara dura» annuncia, «il percorso è difficile, più duro che a Varese perchè qui c’è davvero poco spazio per recuperare. Una selezione naturale sfoltirà il gruppo, poi negli ultimi due giri si deciderà la corsa. Anche il gioco di squadra» avverte «sarà sì importante nei primi duecento chilometri, per controllare la corsa, ma nel finale prevedo scatti secchi da parte di chiunque avrà le gambe per partire». Insomma, dopo un avvio tattico, con i prevedibili allunghi delle seconde linee e delle nazionali minori desiderose di farsi vedere, verrà il momento di chi vorrà dare fuoco alle polveri.
Avversari temibili restano in testa i soliti spagnoli, assetati di rivincita. «Sànchez, Valverde, Rodrìguez» sono i nomi che Ballan vede come "papabili" per il successo, ma anche il bega Gilbert e l’olandese Gesink non vanno sottovalutati. Sarà corsa aspra, per gente di fondo, più che mai. Più ancora che a Varese, dove pure non si scherzava. Ma il Mondiale è così: è per chi sopporta ore e ore in sella senza fare una piega, per chi arriva al momento giusto nella condizione ottimale, con una squadra pronta e sostenerlo e lanciarlo.

La "botta" di celebrità per un ragazzo già apprezzato come uno che vinceva, forse non tantissimo ma molto bene (Laigueglia, La Panne, Fiandre, tappe alla Vuelta…) è stata certo stimolante, ma lui stesso confessa che per qualche tempo ha dovuto staccare il cellulare per mere ragioni di sopravvivenza. Ma come si sente Alessandro Ballan al pensiero che tra venti, trent’anni ancora si citerà ad esempio il filmato della sua "fucilata" varesina del 2008? «È bello» si illumina, «mi piace rivedere ancora oggi quanto fece Beppe Saronni a Goodwood nel 1982 (un’altra storica "fucilata", cui lui ha risposto da par suo un quarto di secolo dopo ndr). E mi piace pensare che anche questo mio gesto resterà nella storia del ciclismo italiano». Non resta che ringraziarlo: si può stare sicuri che farà la sua parte fino in fondo. Fin dove le sue lunghe leve lo porteranno.

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Pubblicato il 23 Settembre 2009
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