“I soldati in strada piacciono alla gente”

Parola di generale: a dirlo è il capo di stato maggiore dell'esercito, Fabrizio Castagnetti, in visita oggi alla caserma Mara di Solbiate Olona, sede del Corpo di reazione rapida NATO

I soldati per le strade «piacciono alla gente», e il bilancio dell’iniziativa è positivo. Così il capo di stato maggiore dell’esercito, generale di corpo d’armata Fabrizio Castagnetti, oggi in visita alla caserma Mara, sede del comando del corpo d’armata di reazione rapida NATO a guida italiana (NRDC-IT) insieme al sottosegretario alla difesa Crosetto. Il generale sprizza ottimismo e soddisfazione per il ruolo delle forze armate di terra e, prima ancora di andare a toccare gli argomenti propriamente militari, loda l’impiego di militari per le strade delle città italiane. «Quattromila soldati impegnati: al di là delle strumentalizzazioni politiche che talvolta si sentono, conta la reazione della gente, che si sente più sicura. I soldati li vedete: piacciono alla gente, sono belli. Aiutano le forze dell’ordine sgravandole di alcuni compiti di sorveglianza. E senza di loro, avremmo ancora l’emergenza rifiuti a Napoli: chi contestava, non ha agito nei loro confronti come avrebbe magari invece fatto di fronte ad altri». Non c’è solo l’ordine pubblico: anche l’Abruzzo ha visto l’esercito in prima linea. «Abbiamo uomini impegnati anche lì, e ricordo che buona parte sono a loro volta terremotati, perchè originari della zona o lì residenti da anni».
Quando qualche giornalista azzarda a parlare di possibili tagli in finanziaria, il generale rientra nei ranghi dell’ambito strettamente militare: «Siamo servitori dello Stato, non discutiamo il quantum, ma il come vengono ripartiti i fondi. Vorrei coerenza ed equilibrio, soprattutto va tutelato l’esercizio, la voce relativa ad addestramenti, esercitazioni e manutenzioni». Dopotutto, si chiama esercito.

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Per Castagnetti quello a Solbiate è «un piacevolissimo ritorno a casa»: è stato il primo comandante, il primo di coloro che hanno rilanciato la "Ugo Mara" nel nuovo ruolo di centro di comando e controllo al servizio dell’Alleanza Atlantica. Suo capo di stato maggiore era allora (2002) il generale Chiarini (nella foto accanto), che l’anno successivo sarebbe stato fra i protagonisti della battaglia dei ponti di Nassiriya, in Iraq, ed è l’attuale comandante del corpo d’armata e "padrone di casa". Fra pochi giorni Castagnetti lascerà l’incarico di capo di stato maggiore e il servizio attivo dopo ben 45 anni di vita con le stellette. La sua visita è stata occasione per visionare lo stato della caserma, incluso una novità non proprio "militaresca": l’asilo nido interno per i figli del personale. Oltre naturalmente ad una visita all’adiacente attendamento dell’Early Entry Command Post, struttura temporanea curata dal reggimento trasmissioni cui sono addetti una quarantina di uomini, più sicurezza e logistica, e che previa preallerta può essere smontata e spedita all’altro capo del globo in quarantott’ore. Consente di mantenere perfette comunicazioni sia con Solbiate che con le forze in campo grazie all’uso di satelliti e linee sicure.

«Abbiamo dodicimila uomini impegnati giorno e notte» ricorda il generale Castagnetti. Ottomila sono in missione all’estero, spesso in luoghi remoti. «In due anni non ho letto articoli negativi sul conto dell’esercito» constata: «abbiamo uomini in Bosnia, in Kosovo dove ci siamo guadagnati la riconoscenza eterna dei serbi per averne difeso le chiese» (dedotto l’aver prima partecipato alla guerra aerea contro di loro, ndr), «in Libano, dove le cose stanno andando così bene che nemmeno se ne parla più e si chiede che siano ancora gli italiani a guidare la forza internazionale, in Afghanistan. Gli errori nella guerra afghana, i civili uccisi nei bombardamenti della NATO? Purtroppo accadono. Noi italiani comunque non usiamo i cacciabombardieri. E se un eventuale impiego del codice militare di guerra confligge con il dettato costituzionale dell’art.11, si pensa ad un codice ad hoc, il comando sul campo deve comunque poter agire. Siamo lì, ma non abbiamo un nemico, bensì un popolo da aiutare. È una realtà atipica, dove ancora comanda il clan.  Chiediamo loro cosa possiamo fare di utile con i nostri mezzi, e il 99% delle volte la risposta è: scavare un pozzo. Parliamo di posti senz’acqua da duemila anni…»

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Pubblicato il 09 Settembre 2009
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