I solisti del trapano fanno nascere una moto
Viaggio nello stabilimento della Husqvarna, dove l'abilità la perizia degli operai è ancora importantissima
Come nasce una moto? Nella stabilimento della Husqvarna, ci sono gli show room per i clienti e i pannelli solari che riducono l’impatto ambientale. Ma il cuore delle fabbriche, la “nostre cattedrali”, come ha scritto qualcuno, è sempre lì, nel nucleo produttivo, l’officina di assemblaggio.
Alle 13 e 15, la linea di montaggio numero 2, dello stabilimento di Cassinetta, ha prodotto 66 moto, sulle 81 previste oggi per ogni linea. Ma potrebbero essercene molte di più, ci sono infatti attive 2 linee su 3 di produzione e montaggio. Le moto difettate si fermano dopo la torretta di controllo, a lato, entro sera saranno messe a posto. Quest’anno l’azienda del gruppo Bmw, aveva previsto di venderne 20mila, ne produrrà invece 16mila. Tutte le linee potrebbero produrre a pieno regime 40mila moto l’anno. I fornitori dei pezzi sono principalmente in Lombardia, Bologna, Torino, Brescia e nel nord Italia. Alcune scatole di viti hanno indicazioni orientali.
La religione della fabbrica dagli anni novanta è che non ci deve essere magazzino. Se arriva un ordine, in 15 giorni esce una intera partita di moto da Cassinetta.
Con l’arrivo di Bmw ci sono state sostanziali novità organizzative. Gli operai lavorano su banchi fissi, ma intorno a loro hanno tutte le vaschette dei pezzi di montaggio su comodi banchi a rotelle. Quando finiscono le viti, passa un carrellino chiamato “treno logistico”, fa un viaggio cadenzato nel tempo, per rifornire le cassette con viti, bulloni e pezzi. L’obiettivo è produrre senza perdere tempo in spostamenti o a cercare altri pezzi, e avere a disposizioni tutta la componentistica, indipendentemente dal modello di moto che si sta assemblando. Il metodo è mutuata dai giapponesi. La fabbrica è relativamente silenziosa, i rumori ridotti al minimo, niente a che vedere con i telai, ad esempio.
Con l’arrivo di Bmw ci sono state sostanziali novità organizzative. Gli operai lavorano su banchi fissi, ma intorno a loro hanno tutte le vaschette dei pezzi di montaggio su comodi banchi a rotelle. Quando finiscono le viti, passa un carrellino chiamato “treno logistico”, fa un viaggio cadenzato nel tempo, per rifornire le cassette con viti, bulloni e pezzi. L’obiettivo è produrre senza perdere tempo in spostamenti o a cercare altri pezzi, e avere a disposizioni tutta la componentistica, indipendentemente dal modello di moto che si sta assemblando. Il metodo è mutuata dai giapponesi. La fabbrica è relativamente silenziosa, i rumori ridotti al minimo, niente a che vedere con i telai, ad esempio.
C’è poi un interessante metodo per evitare gli errori. All’inizio delle linee viene posizionata una moto prodotta il giorno precedente. I tecnici hanno posto delle piccole frecce adesive colorati nei punti in cui un bullone è stato avvitato male o una forcella non è bel centrata. Quando arrivarono i tedeschi in azienda, raccontano, gli operai ci rimanevano male per le troppe frecce, quasi maledivano la pignoleria bavarese. Ma oggi le frecce colorate sono diminuite, segno che hanno imparato a migliorare se stessi.
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