La crisi che non vuol finire

Il PdCI e i sindacalisti fanno due conti, e i risultati non sono incoraggianti. Il sistema industraiel varesino colpito seriamente, a suon di casse integrazioni. "Non c'è futuro per le Pmi"

Preoccupano i dati sulla crisi economica, anche qui nel Varesotto. In particolare nell’industria. Un partito da sempre attento alla cultura operaista come il PdCI ha affrontao in un incontro il tema, partendo dai dati di Fiom-Cgil, su tutti, che tratteggiano un quadro sobrio e amaro della situazione produttiva e occupazionale. Senza contare gli innumerevoli contratti a tempo determinato, vera "zona grigia", durante l’estate sono "evaporati" altri 1500 posti di lavoro circa, e le ore di cassa integrazione si contano ormai a milioni dall’inizio dell’anno nel settore metalmeccanico: sei milioni, dice il dato di agosto. Il governo ha dovuto correre ai ripari versando alla regione un miliardo e mezzo per la cassa integrazione in deroga: di questi trevcento milioni sono rifluiti verso Malpensa, in panne già prima della crisi e ora in lenta stabilizzazione su nuovi equilibri. Soffre la chimica, soprattutto la gomma-plastica, legata al mercato dell’auto: 6700 in casse integrazione su 16.000 dipendenti del settore. Per il segretario cittadino bustese del PdCI Cerardi è a rischio l’intero modello della piccola e media impresa, per loro "non c’è futuro": come a dire quasi l’intero tessuto economico, qui. Perchè vivere da terzisti si può, ma fin quando l’economia tira. Le grandi aziende, osserva, stanno facendo marcia indietro sull’esternalizzazione. E i piccoli artigiani, quelli che non arrivano ai dieci impiegati, chiudono a centinaia. Solo a Busto, la metà di queste aziende conosce la cassa integrazione; e non sembra che se ne possa uscire agevolmente. Soffre persino il commercio, come testimonia Stefano Rizzi per Cgil-Filcms. Marca male un po’ per tutti.

Non c’è solo l’analisi economica, ma anche la polemica politica. Il provinciale del PdCi, con Gino Fischietti, polemizza con il governo sulle scelte fiscali, a favore di chi rimpatria quanto già nascosto al fisco, invece che dei lavoratori dipendenti tartassati e spesso malpagati, esul silenziamento mediatico, indubbiamente efficace, delle dimensioni della crisi. Nn resta che recuperare la consapevolezza e la rappresentanza politica: esercizio difficile per forza di sinistra ridotte ormai ad extraparlamentari. Cerardi invoca un’azione politica e nei luoghi di lavoro, che faccia cultura in chiave antifascista e lagata ai valori costituenti della Repubblica e dei diritti del lavoro. A ceracre di rilanciare questo aspetto, un tempo bene presente, e che oggi "fa strano", sarà l’associazione dedicata alla memoria di Eugenio Curiel, uno dei protagonisti della Resistenza. Sperando che il lavoro stesso come lo conosciamo non si riduca, vedi sopra, a una foto d’epoca.

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Pubblicato il 30 Settembre 2009
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