“Lattuada se ne deve andare dalla Fondazione Blini”

Interrogazione della consigliera comunale Mariella Pecchini dopo che al suo collega è stata inflitta la sanzione di allontanamento dagli stadi

"Lattuada non è certo un fulgido esempio per i giovani". Parole nette quelle del consigliere comunale del Pd Mariella Pecchini dopo che al suo collega del Pdl è stata inflitta la sanzione di allontanamento dagli stadi per cinque anni a seguito degli scontri dopo una partita di campionato con il Ravenna. Lattuada avrà anche l’obbligo di firma in commissariato insieme ad altri sei tifosi della Pro Patria. Il provvedimento è stato firmato dal Questore di Varese a seguito di accurate indagini della Polizia bustese sulla base anche di filmati.
Il consigliere del Pdl era già stato coinvolto in passato (essenzialmente come parte lesa, ma anche come indagato nelle fasi iniziali) in una serie di vicende di cronaca che non avevano mancato di avere conseguenze politiche. Pecchini a questo punto ricorda che Francesco Lattuada, Checco per gli amici, non è solo consigliere comunale, ma anche membro del consiglio di amministrazione di quella Fondazione Blini "che dovrebbe occuparsi della crescita culturale, artistica e sociale dei giovani", e contro la quale la consigliera comunale democratica si è più volte espressa, peraltro non da sola, chiedendo l’azzeramento e il reset completo del progetto su nuove basi.

Pecchini nel testo di un’interrogazione presentata in consiglio comunale chiede di sostituire Lattuada nel Cda della Fondazione "perché non è certo un fulgido esempio per i giovani". Proprio giovanissimo, tra l’altro, Lattuada non è ormai più. L’interessato prende decisamente male l’iniziativa della parte politica avversa: la sua diagnosi è che l’interrogazione, «bigotta e manichea», sia un segno di sbandamento del partito. Ma la questione non sono le questioni interne del PD, è quanto viene contestato a lui. Lattuada minimizza: il suo imbarazzo è palpabile. Come il timore di lasciarsi scappare qualche parola di troppo. «È solo un provvedimento amministrativo» ci tiene a precisare. Nulla di penale, ma cinque anni sono tanti. «Frequento la curva da quando sono nato» commenta «e a Busto non sono mai successi veri fatti di violenza». È un fatto però che la tifoseria tigrotta sia sempre stata tenuta d’occhio dalle Questure, e "battezzata" anche politicamente. Ci sarà pure del pregiudizio, ma si sono visti derby "blindati" da dozzine di poliziotti e carabinieri con tanto di volteggiare di elicotteri, e altri preceduti da scontri con gente mandata all’ospedale (si veda nelle note in fondo a questa cronaca). Per Lattuada, al termine del match con il Ravenna l’intero stadio era furente non con gli ospiti, quanto con l’arbitro Gallione, che fu l’ultimo a poter lasciare lo Speroni. Nel frattempo «un paio di episodi, un contatto» con la tifoseria romagnola c’erano stati, concede Lattuada. Il consigliere comunale ha preparato una memoria difensiva affidandola al suo legale di fiducia e ha presentato ricorso in Cassazione contro il provvedimento che lo chiude fuori dagli stadi, sperando in una revisione.

La frittata, però, purtroppo è fatta. Il vero obiettivo del Pd nell’interrogazione, più che mettere alla berlina il solo Lattuada, sembra mettere alle strette il sindaco Farioli. Sarebbe eventualmente lui, secondo gli intendimenti, a dover affrontare la questione apertis verbis, come direbbe da impenitente classicista, in consiglio comunale: non si può continuare a tacere oltre, sostengono i democratici. Trattandosi di discorsi sulla qualità delle persone, se ne potrà anche parlare, eventualmente, a porte chiuse. Comunque per il primo cittadino, sempre così attento al buon nome della città, e al tempo stesso notorio per la focosa passione sportiva (Pro Patria e Yamamay) che lo rende un protagonista talora fuori dalle righe, potrebbe essere in vista una vera camminata sui carboni ardenti.

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Pubblicato il 16 Settembre 2009
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