Molini Marzoli, Porfidio scrive alla Procura
Il consigliere esige che si faccia chiarezza sul vincolo a scopo produttivo dei fondi europei che consentirono il restauro dell'immobile, alla luce delle scelte successivamente fatte dal Comune
La vicenda dei Molini Marzoli arriva fino alla magistratura: non per iniziativa propria dei togati, ma con l’invio di una missiva da parte del consigliere comunale de La Voce della Città Audio Porfidio, che aveva sollevato la questione alcune settimane or sono.
Al centro l’uso della struttura. Secondo il consigliere è stato violato il vincolo a suo tempo posto sui fondi comunitari, 13.245.447.000 vecchie lire, scrive, che coprivano il 59,37% dell’intero costo della ristrutturazione dello stabile, poi condotta a termine negli anni Novanta. I fondi giungevano nell’ambito della risposta di Bruxelles alle crisi industriali che avevano colpito aree note per il loro forte tessuto produttivo, in questo caso l’Asse Sempione. Lo scopo era quello di destinare i Molini Marzoli a Polo scientifico e Tecnologico (PSTL) con incubatore di imprese, a Centro Tessile Cotoniero e a Centro di Formazione. I fondi insomma andavano usati per una struttura che fungesse da volano industriale e produttivo.
Nel tempo tuttavia si sono aggiunte altre attività che poco avevano a che fare con questo indirizzo: il centro dialetti, alcuni uffici comunali. La recente sistemazione nell’edificio del comando della Polizia Locale è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso (già di suo sempre pieno fino all’orlo) dell’indignazione di Porfidio, implacabile quando si tratta di vigili urbani, almeno quanto questi lo sono nell’appioppare multe agli automobilisti colti a violare il codice stradale. I Molini Marzoli cambiano pelle, insomma, mentre si perdono pezzi pregiati, a partire proprio dal PSTL, disciolto dagli enti soci; anche le attività scientifiche dell’Università dell’Insubria sono state di recente trasferite alla ristrutturata e rinnovata Villa Manara.
Porfidio, nella missiva alla Procura della Repubblica, prende di mira il Comune di Busto Arsizio proprio per la destinazione di buona parte dell’immobile della ex Molini Marzoli "ad uffici comunali e servizi non inerenti ai vincoli imposti, a suo tempo, dalle norme in materia di partecipazione ai finanziamenti CEE per il conseguimento dell’obiettivo 2, così come definito dal Regolamento CEE 2081/93". In ogni caso, chiede che sia la magistratura a verificare la piena rispondenza degli utilizzi dell’immobile di viale Cadorna ai vincoli a suo tempo posti.
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