«Per vincere si deve lavorare sul territorio»

Il segretario regionale del PD Maurizio Martina cerca la riconferma: è sostenitore di Bersani. Alcuni punti fermi per ripartire, cambiando rotta e dando un'identità precisa a una forza in cerca di leadership

Per il PD, invista del congresso e delle primarie. è tempo di cambiamenti. Maurizio Martina, il giovane segretario regionale lombardo del Partito Democratico, arriva a Busto Arsizio per chiamare a raccolta i sostenitori della mozione Bersani e presentare alcuni punti salienti della sua sub-mozione regionale per la rielezione, introdotto dai coordinatori locali legati alla "cordata" dell’ex ministro piacentino – Luca Radice, per il provinciale, Erica D’Adda in città. Martina si ripresenta, dice, perchè in venti mesi in cui è accaduto di tutto il PD non ha che mosso i primi passi, dai risultati non in linea con le grandi aspettative che una forza di così grande appeal poteva attendersi. C’è molto da lavorare e Martina non se lo nasconde. L’avvertimento che lancia ai rivali regionali è che la gestione del partito è un lavoro full-time: non si può fare da Roma, da comodi scranni parlamentari, «nei ritagli di tempo». Serve qualcuno che stia sul territorio, se davvero si vuole dare un’anima federale a questo partito.

In generale serve un cambiamento di ottica. Servono una politica, e una dirigenza di partito, che rilancino il dialogo con il mondo del lavoro, dipendente e autonomo, perchè va fatta, rimarca Martina, una scelta, chiara, netta, a favore dei ceti popolari e delle categorie produttive. Andare nelle imprese in crisi, dialogare con le categorie, ma imparare anche a comunicare con la casalinga, il pensionato. Spazi che la Lega, e in parte il PdL, hanno occupato militarmente: non sarà facile strapparglieli. Tanto più che, osserva Martina, la denuncia delle promesse a vuoto – su Malpensa, ad esempio – non ha portato un solo voto. «Abbiamo detto cose giuste, il problema è essere credibili». Sottinteso: credibili per governare. Quindi identificabili, con un’anima, non mille.

Il congresso nazionale del PD sarà un’occasione, ripete Martina. Un’occasione «per capire dove migliorarsi, dove cambiare passo per andare incontro alle grandi aspettative di questi venti mesi, per realizzare un’idea che non ha sprigionato tutte le sue potenzialità». La crisi economica da sola, non può essere per lui l’unica priorità: l’altro aspetto da affrontare è la crisi della democrazia, la comunità nazionale che non si riconosce più (ma l’ha mai fatto? ndr), con tutti che guardano al proprio "particulare" e basta. Vari sono stati gli errori compiuti e i limiti incontrati, ammette Martina, «ma qui non è il momento di di fare le classifiche di chi ha sbagliato e chi no» Ossia: niente "lunghi coltelli". Chioserà Radice: «Basta con il "ma anche", si sta con chi lavora e produce, non con la finanza; basta con il "partito liquido", serve quello radicato e presente sul territorio; no al giovanilismo, sì ai giovani capaci. No alla "vocazione maggioritaria" in solitudine, ma lanciare ponti per creare una coalizione forte».
«Abbiamo visto tutte le debolezze di un’idea di partito post-identitario, quando gli avversari hanno forti identità» la sintesi di Martina. E le urne parlano chiaro: c’è disorientamento. «Alle regionali del 2010 andiamoci a testa alta, consapevoli della difficoltà dell’impresa». Che appare quasi disperata, «ma 15 anni di Formigoni cominciano a stufare. Ferrovie da terzo mondo, solo il 15% dei bimbi nei nidi, carenza di servizi per anziani e famiglie, occupazione politica di sanità e formazione professionale – altro che libertà di scelta! Che promesse potrà mai fare ancora che non abbia già tradito in questi anni?»

Per avere almeno una chance bisogna essere uniti. Sì, quindi, ad un’alleanza organica. Non c’è alternativa, ma, va detto, bisognerà che lo capiscano anche a sinistra. Un’alleanza che sappia dialogare con quanti sono stati «lasciati fuori» dal sistema formigoniano-ciellino; che sappia occuparsi delle proprità: sistema ferroviario metropolitano, servizi per le famiglie, conciliazione tra vita quotidiana e lavoro, «dare parole d’ordine per il futuro». E l’occasione delle primarie e del congresso impone di aprire una strada nuova. «Ora la leadership del governo è logorata, dobbiamo essere pronti». Domani si vedrà: per ora resta vero che il potere logora solo chi non ce l’ha.

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Pubblicato il 14 Settembre 2009
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