Rave party, maxi processo ma senza no global

Gli imputati sono quasi tutti normali ragazzi del varesotto, c'è anche un piccolo imprenditore. Non si presenta quasi nessuno, nonostante la polizia schierata e l'aula bunker stracolma di avvocati

Se l’effetto sarà quello di dare un segnale contro i rave party, allora non sarà fatica sprecata. Certo, fa un po’ effetto vedere quaranta avvocati con toga schierati nell’aula bunker che ospitò i processi per mafia e per tangentopoli sostenuti da Agostino Abate, occuparsi di una gigantesca «invasione di terreno o edifici», articolo 633 del codice penale, reato che prevede la reclusione fino a due anni, o una multa fino a 1.032 euro, e 639 bis che prevede la procedibilità d’ufficio. 
Si tratta del processo contro i ragazzi che il 10 giugno 2006 parteciparono a un rave party alle fornaci di Caldè. Furono tutti identificati dai carabinieri tra la notte e la mattina della festa, e ora sono finiti in 113 davanti al giudice monocratico, Anna Giorgetti, chiamati a citazione diretta dal pm Massimo Politi, rappresentato in aula dal pm d’udienza Davide Toscani.
La vicenda è nota. Il rave fu organizzato da non meglio identificati ragazzi appartenenti ai centri sociali. I carabinieri non fecero ingresso nelle fornaci per non creare problemi di ordine pubblico, ma li aspettarono fuori, nella strada e nel parcheggio, chiesero i documenti a  centinaia di giovani (ma alcuni risultano anche “sedicenti”, ovvero non consegnarono i documenti). Furono 144 i denunciati, 113 quelli finiti a processo, a 7 persone sono contestati anche reati di droga con (6 marijuana  e hashish, 1 cocaina), 1 deteneva un coltello a farfalla. Tra gli atti dell’indagine è possibili evincere che è stato rintracciato solo uno degli organizzatori, un 32enne di Sesto Calende. Tutti gli altri sono accusati di aver invaso un terreno privato: c’è chi è stato semplicemente identificato, e poi si è trovato l’atto di citazione a casa (quelli fermati nella notte) e chi invece la mattina seguente dichiarò ai carabinieri, ingenuamente, che erano stati al rave. Con risvolti curiosi: una degli imputati sostiene di aver solo bevuto un caffé, quella mattina, dove i carabinieri stavano operando, altri sostengono che non sapevano fosse una festa illegale. Pochissimi gli imputati che si sono presentati, e dire che la polizia aveva schierato sul piazzale del tribunale un battaglione mobile anti no global e che anche i carabinieri erano pronti a intervenire. Invece di anarchici arrabbiati, si è visto ad esempio un giovane artigiano di Milano di 24 anni che costruisce biciclette su commissione, e che quella sera era andato da amici a Besozzo salvo poi fare quello che, innocente o colpevole, la sentenza stabilirà abbia fatto. Per il resto è stata solo una sfilata di avvocati, c’erano quasi tutti i volti noti del penale varesino. Un legale, Andrea Volonteri, che quel giorno era d’ufficio, ha ricevuto l’avviso di conclusione indagini per tutti i 113 imputati e ha dovuto mandare a tutti una lettera di avviso. Gliene sono rimasti 55 (50 d’ufficio e 5 che lo hanno nominato). L’udienza ha riguardato la costituzione delle parti, molti degli avvocati hanno eccepito per difetti di mancata, omessa, parziale o incompleta notifica degli atti. A un difensore, tanto per citare un caso, Giuseppe Battaglia, è arrivato un atto con una pagina invece che tre. Il processo è iniziato poco dopo le 9 e si concluso alle 13 e 40, sono state rigettate una serie di eccezioni tra cui quella che contestava la ricezione dell’avviso di conclusione indagini collettivo. Il giudice ha accolto una serie di richieste sulle mancate notifiche, e ha stralciato le posizioni dei sette indagati per possesso di sostanze stupefacenti. Dovranno tornare dal gup, per l’udienza preliminare, poiché accusati di un reato che non può essere perseguito a citazione diretta in giudizio. Prossima maxi udienza. 25 febbraio alle 10, aula b. Dove però staranno tutti un po’ più stretti.  

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Il rave party a Castelveccana 4 di 11
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Pubblicato il 29 Ottobre 2009
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