Alla Domus Madre Teresa salviamo la dignità delle persone
Una sera nel dormitorio di Sant'Anna tra i senza tetto in cerca di riscatto. I volontari raccontano la loro esperienza immersi nelle storie di ordinaria povertà a dieci anni dalla fondazione della struttura voluta da don Giancarlo
Otto posti letto sempre pieni e ricchi di storie di emarginazione, di riscatto, di solidarietà. La Domus Madre Teresa di Sant’Anna per senza tetto, nasce nel ’99 all’interno degli edifici che contornano la parrocchia, in quel villaggio nato a metà del secolo scorso alla periferia di Busto Arsizio e che ha ospitato generazioni di migranti nelle sue case semi-circolari progettate da un importante architetto.
È questa attualmente l’unica struttura che permette a chi non ha una casa di dormire al caldo e sotto delle coperte che non siano di rigido cartone. Daniele, Matteo e gli altri volontari (nella foto con alcuni ospiti) accolgono tutte le sere due italiani, tre afghani, un bulgaro, un tunisino e un albanese che attualmente sono ospiti della struttura mentre cercano con le unghie e con i denti di agguantare un posto di lavoro, un reddito, una casa e, infine, la normalità. L’impresa è difficile ma con i volontari della Domus è più facile che partire dalle panchine della stazione centrale di Busto: «Noi ci proviamo – racconta Daniele Colombo, da dieci anni volontario del rifugio – qui ci sono poche ma semplici regole che spesso salvano queste persone perché mettono dei paletti precisi: per dormire si paga (pochissimo), ci si fa prima una doccia e la mattina dopo si deve lasciare la struttura per le otto». Punti da rispettare alla lettera per non perdere la propria dignità e per insegnare a dare un valore alle poche cose che si hanno.
Il dormitorio è sempre pieno e da quest’estate anche la casa don Isidoro Meschi è stata aperta ai senza tetto per aumentare la capienza da sei a otto posti: «È un appartamento a parte – racconta ancora Daniele – lo usavamo per ospitare famiglie che hanno ricevuto lo sfratto ma con l’aumento dei senza tetto abbiamo deciso di usare una camera mettendo due letti e non ospitare più le famiglie. Abbiamo notato che poi rimanevano per periodi troppo lunghi». Anche Matteo, che ha solo 28 anni, è qui da dieci anni: «Quello che manca ora sono i volontari per coprire tutti i turni – racconta – ne servono due per sera. Si tratta di aprire la struttura e mettere a letto gli ospiti. Non riusciamo a coprire tutti i turni in coppia perchè siamo rimasti in dieci e qui non esistono giorni di chiusura e nemmeno le feste comandate».
Il dormitorio Domus Madre Teresa ha un guardaroba (i vestiti sono quelli dismessi dalle persone comuni, vengono lavati e sistemati), mentre il Banco alimentare dà settimanalmente del cibo a più di sessanta famiglie bisognose. Le derrate distribuite arrivano a loro volta dall’Agea, un ente di solidarietà europeo, dai produttori, dalla grande distribuzione, dalla ristorazione. Ma la parte più grossa la fa la colletta alimentare che ogni anno si svolge nei supermercati d’Italia. La prossima è prevista per sabato 28 novembre. A Sant’Anna perciò c’è la dimostrazione concreta che il chilo di pasta donato durante la colletta, effettivamente arriva nelle mani di chi ha bisogno. Quindi l’invito è quello di contribuire senza farsi bloccare dallo scetticismo.
La Domus funziona grazie ai 10 volontari uomini, che aprono e chiudono, e alle dieci donne che effettuano le pulizie e lavano coperte e lenzuola. Qualche giorno fa Daniele aveva lanciato l’appello proprio tramite Varesenews per trovare volontari con una lettera. La macchina della solidarietà si è messa in moto con gli scout che hanno dato la loro disponibilità ad aiutare e un nostro lettore che ci ha scritto pur non essendo di Busto. La Domus di Sant’Anna è l’unica realtà di accoglienza notturna e la sua sopravvivenza dipende dalla disponibilità di molte persone. Il parroco don Giuseppe, che ha sostituito il fondatore della Domus don Giancarlo, ha lasciato inalterato l’impegno e la disponibilità della casa perché questo importante gesto di carità vada avanti. Ora spetta ai bustocchi fare in modo che tale capitale di solidarietà non vada perso.
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