“Lingua antica e ritmi moderni: così prende quota la musica popolare”

Davide Van De Sfroos in visita a VareseNews presenta i due concerti finali di ID&M, il festival dei popoli. Sul palco degli Arcimboldi anche artisti del calibro di De Gregori, Ruggeri e Cristicchi. «La musica come l'enogastronomia: la gente esce dai propri confini e gradisce le specialità locali»

Lo avevamo lasciato a cantare sui palchi di mezza Italia, alternando le grandi arene – come avvenne al Forum nel 2008 – a spazi più ridotti ma anche più intimi. Lo ritroviamo oggi in un altro ruolo, quello di direttore artistico di ID&M, il "Festival della musica dei territori e dei popoli" che sta per mandare in scena il gran finale. Davide Van de Sfroos ci ha raggiunto in un lunedì di nebbia e pioggia, nella redazione di VareseNews (nella foto con il direttore Marco Giovannelli), per illustrarci il suo ruolo e soprattutto la rassegna che si concluderà sabato e domenica prossimi (7 e 8 novembre) al Teatro degli Arcimboldi. Sul palco saliranno grossi calibri della musica italiana: oltre a Van de Sfroos ci saranno infatti Francesco De Gregori, Simone Cristicchi, i Tazenda, Enrico Ruggeri, Teresa de Sio e altri ancora.

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Davide Van De Sfroos in concerto 4 di 9

davide van de sfroosIl cast di ID&M è formato da artisti di alto livello, che si esprimono sia in dialetto sia in italiano, come De Gregori. Come è stato possibile riunire questi grandi nomi? E come è nata l’idea di una manifestazione simile?
«ID&M arriva a Milano perché in città spesso si lamenta l’assenza di luoghi in cui portare la musica popolare. Bene, abbiamo deciso di farla arrivare in un teatro speciale che, per la prima delle due serate, è già quasi esaurito. La gente ha voglia di ascoltare questa musica, che – si badi bene – non è quella dei tempi andati: chi sale sul palco usa ritmi moderni, racconta storie attuali ma lo fa con un linguaggio che spesso è il dialetto. Una lingua di grande espressività, che c’è sempre stata e che continua a piacere. Con queste premesse hanno aderito artisti come De Gregori, con cui ci conosciamo e stimiamo da tempo. Lui in dialetto non canta, ma una capacità speciale di raccontare vicende "popolari". Ha accettato di esibirsi con noi perché ha capito che questo è lo spirito della rassegna e perché il livello dei musicisti coinvolti è davvero di alto profilo».

In un mondo come quello attuale, come si spiega la rinnovata attenzione alle tematiche dialettali e popolari?
«Per la musica sta accadendo quello che succede anche per la gastronomia, per il vino, per le vacanze. L’Italia si muove sempre di più, per lavoro o per diletto; le persone diventano novelli "Marco Polo", scoprono territori nuovi, fuori dai circuiti tradizionali, e imparano a gustarli in tutti i loro aspetti. Nasce così anche l’accoglienza che hanno le mie canzoni in Sicilia, dove siamo noi gli esotici, o a San Vincenzo Valle Roveto. Un paesino in provincia dell’Aquila dove tutti, dal primo all’ultimo, conoscono a memoria le mie canzoni e le cantano con una pronuncia perfetta: tutto grazie a un abitante che per primo ha conosciuto e diffuso i cd di Van de Sfroos».

davide de sfroosInsomma, lei è d’accordo nel dire che il folk gode di un momento positivo.
«È sicuramente in ripresa, dopo aver attraversato fortune alterne: nel passato è stato prima molto diffuso, poi per motivi politici è rimasto confinato in Italia mentre gente come i piemontesi "Tre Martelli" facevano grandi concerti in Scozia, aperti dalle star locali. Oggi assistiamo a gruppi che usano il dialetto su basi moderne, come i Sud Sound System, gli Almamegretta o anche i Pitura Freska e i Nidi d’Arac. La tradizione popolare è tenuta viva e inserita nel momento storico di oggi: ID&M vuole sottolineare proprio questo aspetto».

Ma dietro di lei e dei gruppi che ha citato c’è un movimento reale? E soprattutto: non si rischia di svilire la qualità, quando in tanti provano a cimentarsi in questo genere?
«In venti giorni ci sono arrivati ben 40 cd di artisti intenzionati a partecipare alla serata del Teatro Dal Verme, dove si sono esibiti gli emergenti: un risultato eccellente su cui abbiamo lavorato. Una prima scrematura ha dimezzato il lotto e tra i rimasti ne abbiamo dovuti scegliere dodici: qui c’è una varietà di artisti e una qualità davvero interessante. Si va da chi canta il metal in dialetto a chi riscopre tradizioni antiche, dai ragazzini fino alle signore sessantenni capaci di raccontare storie e far nascere emozioni. Una varietà incredibile ma anche un livello di talento che ci ha costretto a scegliere quattro gruppi (ne avevamo previsti due) per aprire i concerti degli Arcimboldi. Insomma, alle selezioni, dove c’era una giuria qualificata, ci siamo chiesti dove fossero fino ad ora tanti bravi artisti».

davide van de sfroosDa cantante a direttore artistico: come si trova a giudicare i propri colleghi?
«Non voglio essere giudice: nel caso delle band emergenti preferisco fare quello che studia per far emergere i talenti e per dare loro un palco credibile su cui presentarsi. Cerco di garantire un "minimo sindacale" di riconoscenza verso chi si merita di provare a esibirsi davanti a un pubblico importante».

Il suo ultimo lavoro, "Pica", risale ormai a quasi due anni fa. Logico che il pubblico si aspetta da lei novità su questo fronte: a che punto siamo?
«Piano piano si scrive, si osserva, si riempiono pagine che possono diventare canzoni ma pure parti di libri, visto che anche sul versante editoriale spero di tornare attivo. Ho la fortuna di non avere obblighi di contratto, perché a lavorare di fretta ci sto male; ho imparato dall’esperienza che è necessario che certe cose germoglino, crescano, fermentino. Quando il sacco sarà pieno, lo rovesceremo per trovare gli spunti migliori».

In passato ci ha fatto scoprire, con le sue canzoni, alcuni mondi sconosciuti ai più. Gli indiani, i minatori, i contrabbandieri… su chi si soffermerà la prossima volta?
«Mi interessano sempre di più quelli che possiamo chiamare i "supereroi sconosciuti". Quelle persone che hanno fatto cose straordinarie, chemetterebbero paura anche a Batman ma che a loro sono sembrate normali. Come il Nando "Barba", uno che faceva lo stuccatore a casa di Fidel Castro: non gli credeva nessuno fino a che sono arrivate le foto dall’Avana…».

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Pubblicato il 03 Novembre 2009
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