Pensioni, quella integrativa “è ormai una necessità”

Alla Liuc il ministro del welfare Sacconi, i presidenti di Inps e Inpdap, Mastrapasqua e Crescimbeni, e dell'autorità di vigilanza Covip Finocchiaro intervengono a conclusione di un corso di formazione specialistica sulla materia

La previdenza integrativa è necessaria, anzi inevitabile. Questa la convinzione che tanto al governo quanto negli stessi enti previdenziali si è andata diffondendo negli anni, confermata dall’intervento odierno all’Università Cattaneo-LIUC di Castellanza delle voci più autorevoli del settore pensionistico, dal ministro del Welfare ai presidenti dei principali enti previdenziali e organismi di controllo.

Per venire incontro alla problematica la LIUC ha tenuto in collaborazione con Itinerari Previdenziali un Corso di Formazione Specialistica dedicato ad Aurelio Donato Candian, docente scomparso prematuramente un anno fa, in amministrazione, direzione, gestione e controllo delle forme di previdenza complementare. Oltre a questo corso LIUC propone già da sette anni un master universitario di secondo livello in assicurazioni, previdenza e assistenza sanitaria. Oggi, lunedì 9 novembre, si è tenuta la consegna dei diplomi del corso di formazione. Oltre al rettore Andrea Taroni, al direttore del corso prof. Alberto Brambilla e al presidente della Provincia di Varese Dario Galli – che nel suo saluto ha voluto rimarcare il concetto di “federalizzare” anche i fondi di previdenza integrativa – erano presenti i presidenti di Inps e Inpdap, Antonio Mastrapasqua e Paolo Crescimbeni, e il presidente dell’istituto di vigilanza Covip, Antonio Finocchiaro.
Non è potuto intervenire fisicamente il ministro Maurizio Sacconi, che ha tuttavia “partecipato” con un video in cui esponeva la necessità di cambiare registro sulla tradizionale gestione del welfare.

– Cambiare registro
La crisi della finanza mondiale ha colpito, e duramente, anche i risparmi accantonati nei Fondi pensione. Negli USA, ha precisato, si sono persi circa 2.000 miliardi di dollari negli ultimi anni, pari al 23% del valore complessivo degli stessi fondi. «La pensione dovrà essere sempre più in relazione con la contribuzione effettiva e con la speranza di vita: questo è il senso della riforma strutturale che abbiamo varato nel luglio scorso e che andrà a regime dal 2015». Preoccupanti le percentuali illustrate dal ministro circa il valore delle future pensioni: quel che è peggio, si tratterebbe di dati forse ottimistici, visto che si basano sui valori di un paio di anni fa, prima della crisi. «Fra trent’anni un lavoratore con i soli contributi andrà in pensione con il 53% dell’ultimo stipendio; con la pensione integrativa arriverebbe al 64%». La precisazione che si tratterebbe di cifre sul lordo non rassicura più di tanto. «Serve una inversione di tendenza culturale» sostiene Sacconi, «sono soprattutto i giovani quelli invitati a riflettere, a fare scelte difficili ma lungimiranti».

– Ridare fiducia nel sistema previdenziale
Il messaggio è di «togliere ai giovani la paura che ‘io tanto la pensione non la vedrò mai’» aggiunge Brambilla: ed è qui la chiave.
In Italia non c’è cultura della previdenza, sostiene Mastrapasqua, da un anno ai vertici dell’Inps. «Non si fa neanche il riscatto della laurea, pur previsto, per paura che l’Inps un domani non esista più e che si tratti di soldi buttati». La sua analisi individua una sfiducia cronica verso le istituzioni e una profonda mancanza di speranza nel futuro. Da qui le risposte di Inps con il riscatto della laurea, o i voucher per far emergere il “nero” previdenziale. La vita media si allunga, le pensioni saranno via via più basse però, «e non è possibile pensare di andare in pensione con le cifre citate». Quanto ad Inps, non c’è da temere, ripete il presidente: «è in buona salute, sarà sempre in grado di erogare le prestazioni richieste. La previdenza complementare» conclude «è utile non per Inps ma per le generazioni che dovranno costruirsi un futuro».

Per Inpdap, l’istituto che amministra le pensioni dei dipendenti pubblici, il presidente Crescimbeni riconosce che la previdenza integrativa è in ritardo tanto nel pubblico quanto nel privato. Nel pubblico interesserebbe circa 1,2 milioni di soggetti, in gran parte del mondo della scuola, ma per ora poco più del 10% di questa cifra ha aderito ai tre fondi già esistenti (di cui due regionali). Altri fondi sono di recentissima o imminente istituzione, e tutto il settore è in movimento. Inpdap non gestisce questi fondi ma svolge tutta una serie di compiti amministrativi di supporto. «L’avvio del secondo pilastro (la previdenza integrativa ndr) è assolutamente necessario» dichiara, «non escludiamo anche iniziative a livello territoriale».

– I tre pilastri della buona previdenza
Il punto di vista di Covip, infine, l’autorità di garanzia delle pensioni integrative, è quello di garantire massima trasparenza, corretta gestione e concorrenza nel settore. Il presidente Finocchiaro insiste sulla più completa informazione agli iscritti ai fondi pensione circa costi, rischi, resa e caratteristiche, e sulle «diffuse carenze nel grado di alfabetizzazione finanziaria e pensionistica» della popolazione italiana. Quest’ultima renderebbe necessari «percorsi automatici in grado di sollevare almeno in parte i destinatari» dalla necessità di orientarsi in quella che appare alla persona non informata una giungla densa di pericoli. Dunque una governance corretta e trasparente per i fondi, pubblici o privati, ma anche una concorrenzialità reale, le cui condizioni sono state poste nel decreto legislativo 252/2005, che permetta di scegliere nell’interesse dell’iscritto la soluzione migliore. Una differenza di un punto nel tasso d’interesse montante può, in 40 anni, causare un calo del 15-20% nella “resa” finale per il lavoratore ormai pensionato: questo l’avvertimento di Finocchiaro. Con i numeri, insomma, non si scherza. Il futuro di noi tutti è nelle loro mani.

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Pubblicato il 09 Novembre 2009
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