Sono gli infermieri, il collante del reparto

La scorsa settimana si sono laureati 65 infermieri del corso triennale dell'Università dell'Insubria. Nuova linfa per un settore in perenne deficit

I laureati del corso di scienze infermieristiche dell'Università dell'InsubriaSessantacinque neolaureati. Il diploma di laurea è arrivato la scorsa settimana e per molti di loro si sono già aperte le porte della corsia. Stiamo parlando degli studenti, anzi, neo dottori della facoltà di Scienze infermieristiche dell’Università dell’Insubria. Un corso triennale ormai obbligatorio per vestire quella divisa gialla che, in corsia, è sinonimo di professionalità e attenzione al paziente, un tramite costante tra paziente e medico.

Il corso prevede molta teoria ma altrettanta pratica, nei reparti degli ospedali di Circolo, di Angera e di Tradate. Quegli stessi ospedali che poi accolgono stabilmente i neo laureati. Quest’anno, per gli aspiranti infermieri del Circolo c’è stato un contrattempo: il concorso per l’assunzione si è chiuso un mese prima della laurea:« Purtroppo non è la prima volta – ha commentato Aurelio Filippini, tutor del corso e presidente del Collegio Ipasvi di Varese – poi dicono che riapriranno a breve, ma intanto, con la penuria di figure che c’è, questi ragazzi trovano un’altra occupazione».

Magari in Svizzera…
«Le cose si sono leggermente modificate. La Confederazione ha stretto un po’ gli ambiti perchè vengono preferiti gli svizzeri dato che hanno aumentato i corsi».

Aurelio Filippini, Presidente Ipasvi VareseIl vostro è un corso a numero chiuso. Ma non potreste aumentare i posti, vista la carenza di figure professionali?
«La Regione Lombardia sta premendo sul Ministero. Il problema, però, è che la carenza in Italia è a macchia di leopardo: decisamente più pesante nelle regioni del Nord. Aumentando i posti, non sarebbe automatica la presenza di più infermieri per le nostre strutture ospedaliere»

Cosa vuol dire fare l’infermiere oggi?
«È indubbiamente una professione molto complessa. Il corso di laurea è duro perchè si abbinano ore di teoria ad esperienze in reparto, che aumentano nel corso del triennio. Il nostro corso in particolare, poi, pretende molto dai propri studenti. Quest’anno, per la prima volta, abbiamo avuto il doppio delle richieste rispetto ai posti disponibili del corso a numero chiuso: questo ci ha permesso di effettuare una valutazione precisa dei candidati migliori»

Dopo una preparazione così impegnativa, come è il lavoro in corsia?
« Nonostante questo settore sia ancora molto "medicocentrico", sta crescendo il rispetto per una figura nodale per l’organizzazione dell’attività ospedaliera. Gli infermieri hanno una preparazione trasversale: dalla corsia alla sala operatoria alla terapia intensiva. L’infermiere è il collante del sistema, il riferimento per pazienti e medici, il "sistema di vigilanza". E questo concetto sta prendendo ampiamente piede, soprattutto verso quelle figure professionali preparate dal sistema universitario italiano.

C’è differenza con tra infermieri italiani e infermieri stranieri?
« Non ne faccio una questione di nazionalità, ma, indubbiamente, il personale che si è preparato in Italia è più efficiente. D’altra parte, anche come collegio Ipasvi possiamo solo valutare la conoscenza delle lingua italiana da parte di lavoratori stranieri…

Qual è il sogno dei laureandi infermieri?
« Lavorare in ospedale. Nonostante noi ci battiamo per far capire l’importanza di lavorare anche in altre strutture sanitarie, tra i giovani rimane la voglia di provare la tensione di un lavoro ospedaliero, con pazienti che rispondono a criteri di urgenza ed emergenza. Ci sono lati positivi e nagativi in tutti i lavori, ma questi si capiscono con l’esperienza».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Novembre 2009
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