“Un fenomeno che toglie dignità agli uomini e libertà alle imprese”
Cna Varese stigmatizza la "questione seria" che la scoperta del maxi laboratorio clandestino riapre. "Un fenomeno che ha implicazioni di natura sociale oltre che economica ancora tutte da scoprire"
Dell’importante intervento delle forze dell’ordine a Casorate Sempione colpisce la dimensione inedita del fenomeno, non di sicuro la sua ricomparsa, per molti versi annunciata e probabilmente favorita dalla crisi.
In effetti, negli ultimi tempi la presenza dei laboratori cinesi era stato trascurata dall’opinione pubblica, che hanno avuto modo di riscoprirne l’esistenza in occasione delle irruzioni dei Carabinieri e dell’Ispettorato del lavoro.
Che, a onor del vero, da un po’ di tempo stanno operando bene e in modo incisivo, anche grazie alla collaborazione della polizia locale.
Di questo fenomeno, che ha implicazioni di natura sociale oltre che economica ancora tutte da scoprire, più che sorprendersi forse è importante capire cosa c’è sotto.
La CNA, alla fine del secolo scorso, ne aveva fatto oggetto di iniziativa sindacale, illustrando la gravità e la portata del fenomeno al Prefetto, all’Ispettorato del Lavoro ed alla Guardia di Finanza e aveva cercato di contrastarlo ponendolo costantemente all’attenzione dell’opinione pubblica, convinta che nel buio e nel silenzio la clandestinità e il lavoro irregolare traggano alimento e forza.
I risultati, purtroppo, non furono quelli che ci saremmo attesi e l’impressione che ne abbiamo ritratto è stata quella di trovarci di fronte a un muro di gomma costituito da interessi e convenienze interessate.
La retata di Casorate Sempione conferma invece che serviva e servirebbe un maggior coinvolgimento diretto delle Amministrazioni Comunali, che potrebbero utilizzare per localizzare i laboratori – che non sono né irrintranciabili nè semoventi, ma solo nascosti e discreti – le Polizie Municipali ed una conseguente, organizzata e continuativa attività di controllo da parte degli Organi dello Stato preposti.
Perché blitz come quello di queste ore hanno il merito di portare per un giorno al centro dell’attenzione il caso singolo, ma non riescono a intaccare l’amara realtà rappresentata dalla presenza di una forma di competizione sleale che ha azzerato l’esistenza dei nostri laboratori di contoterzismo nel settore, che ai problemi della mondializzazione dell’economia hanno dovuto sommare quella imbattibile di una concorrenza che opera sul territorio, lavorando 24 ore su 24, senza regole, senza orari e con pochissimi costi.
La questione è seria, spessa e consistente e doveva e deve essere affrontata con l’impegno che la gravità della situazione richiedeva e richiede.
Anche dalle nostre organizzazioni di rappresentanza, naturalmente.
Perché i laboratori clandestini per qualcuno lavorano e le imprese committenti sono anch’esse tra noi, sul nostro territorio, conosciute o individuabili.
Il morso feroce della crisi, la libertà d’impresa, le (non) regole di una concorrenza sempre più feroce, la ricerca esasperata di flessibilità sono motivi validi per continuare a foraggiare e alimentare un fenomeno che vive non solo di lavoro ma anche e soprattutto di annullamento della libertà di vivere di un essere umano ?
Lungi da noi l’idea di propinare un sermone e di fare la morale a scelte imprenditoriali che noi consideriamo sbagliate ma che, evidentemente, rientrano in una logica accettata di mercato e di profitto e, in qualche caso, persino in quella della semplice sopravvivenza dell’azienda; ma le nostre Associazioni, anche in questo caso, stanno facendo tutto quanto è possibile fare per evitare questa ulteriore forma di distorsione della libertà di impresa e di annullamento della dignità di esseri umani ?
In effetti, negli ultimi tempi la presenza dei laboratori cinesi era stato trascurata dall’opinione pubblica, che hanno avuto modo di riscoprirne l’esistenza in occasione delle irruzioni dei Carabinieri e dell’Ispettorato del lavoro.
Che, a onor del vero, da un po’ di tempo stanno operando bene e in modo incisivo, anche grazie alla collaborazione della polizia locale.
Di questo fenomeno, che ha implicazioni di natura sociale oltre che economica ancora tutte da scoprire, più che sorprendersi forse è importante capire cosa c’è sotto.
La CNA, alla fine del secolo scorso, ne aveva fatto oggetto di iniziativa sindacale, illustrando la gravità e la portata del fenomeno al Prefetto, all’Ispettorato del Lavoro ed alla Guardia di Finanza e aveva cercato di contrastarlo ponendolo costantemente all’attenzione dell’opinione pubblica, convinta che nel buio e nel silenzio la clandestinità e il lavoro irregolare traggano alimento e forza.
I risultati, purtroppo, non furono quelli che ci saremmo attesi e l’impressione che ne abbiamo ritratto è stata quella di trovarci di fronte a un muro di gomma costituito da interessi e convenienze interessate.
La retata di Casorate Sempione conferma invece che serviva e servirebbe un maggior coinvolgimento diretto delle Amministrazioni Comunali, che potrebbero utilizzare per localizzare i laboratori – che non sono né irrintranciabili nè semoventi, ma solo nascosti e discreti – le Polizie Municipali ed una conseguente, organizzata e continuativa attività di controllo da parte degli Organi dello Stato preposti.
Perché blitz come quello di queste ore hanno il merito di portare per un giorno al centro dell’attenzione il caso singolo, ma non riescono a intaccare l’amara realtà rappresentata dalla presenza di una forma di competizione sleale che ha azzerato l’esistenza dei nostri laboratori di contoterzismo nel settore, che ai problemi della mondializzazione dell’economia hanno dovuto sommare quella imbattibile di una concorrenza che opera sul territorio, lavorando 24 ore su 24, senza regole, senza orari e con pochissimi costi.
La questione è seria, spessa e consistente e doveva e deve essere affrontata con l’impegno che la gravità della situazione richiedeva e richiede.
Anche dalle nostre organizzazioni di rappresentanza, naturalmente.
Perché i laboratori clandestini per qualcuno lavorano e le imprese committenti sono anch’esse tra noi, sul nostro territorio, conosciute o individuabili.
Il morso feroce della crisi, la libertà d’impresa, le (non) regole di una concorrenza sempre più feroce, la ricerca esasperata di flessibilità sono motivi validi per continuare a foraggiare e alimentare un fenomeno che vive non solo di lavoro ma anche e soprattutto di annullamento della libertà di vivere di un essere umano ?
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