Mario Lodi, il direttore «che ti guardava sempre in faccia»
Fu al comando della "Prealpina" dal 1960 al 1983. Un' intensa storia raccontata nel libro "La sciarpa verde" (Lativa) scritto da Massimo Lodi
Un libro su Mario Lodi (1919-2007), ovvero “Il direttore” della “Prealpina”, mancava. L’uomo che per ventitré anni (dal 1960 al 1983) guidò le sorti dello storico quotidiano di via Tamagno, traghettandolo verso i tempi moderni, ha lasciato nei varesini tanti ricordi e moltissima nostalgia.
“La sciarpa verde” (Lativa), nonostante porti la firma del figlio Massimo, è tutto fuorché un’autocelebrazione. C’è una piccola concessione all’intimismo filiale (oltre alla sciarpa di famiglia, appunto, quella verde), dichiarata in apertura di libro e più che giustificata. A guidare la mano dell’autore è, infatti, lo sguardo di un bambino tifoso della Juve che con il suo papà condivideva quella passione. Ma c’è anche la postfazione di Franco Giannantoni, giornalista poco abituato ai salamelecchi, che alla “Prealpina” e con il direttore Lodi mosse i primi passi nel giornalismo.
Il libro non è una biografia in senso stretto, perché abbraccia un periodo di tempo brevissimo che va dalla fine del 1959 all’inizio del 1960. Una manciata di giorni cruciali per il destino della “Prealpina” e per quello di tante persone. In quegli anni nel cda della società editrice, che doveva scegliere la nuova guida del giornale dopo Mario Gandini, si giocava una partita sul delicato terreno degli equilibri politici ed economici. Una scelta su cui pesava il naturale contrasto tra le forze in campo: i conservatori e gli innovatori. Lodi era il candidato ideale del secondo schieramento.
La sua nomina non sarà un fulmine a ciel sereno, perché già nel luglio del 1958 Achille Cattaneo, azionista di riferimento del giornale, in un colloquio riservato lo aveva messo in preallarme: «Lei faccia in modo di tenersi pronto ed esserne all’altezza». Mario Lodi si tenne pronto. Il 16 novembre del 1959, una telefonata all’ora di cena gli comunicò che era il quindicesimo direttore della “Prealpina”. E così a partire dal 2 gennaio del 1960, sette anni dopo la sua assunzione, iniziò a firmare il giornale.
Alcune esistenze si rivelano speciali non tanto per l’obiettivo raggiunto, quanto per la strada percorsa per raggiungerlo. Mario Lodi, capomastro dell’impresa Piccoli e aiutante nello studio di ingegneria Niada, aveva studiato alle scuole serali a Milano per prendere il diploma di geometra. Ogni giorno, finito il lavoro, andava con la bicicletta in stazione per ritornare a notte fonda nella sua casa di Sant’Ambrogio. In quegli anni un diploma era un futuro assicurato, ma la vera passione di Lodi era la scrittura. Nel 1947 , dopo aver collaborato con il settimanale politico umoristico “Il Mattocco”, ne diventava anche il direttore. Il primo articolo per “La Prealpina” lo firmerà invece il 28 settembre del 1948.
“La sciarpa verde” è un pezzo di storia importante della città. Intorno alle vicende della “Prealpina”, scorrono le immagini in bianco e nero dei grandi capitani d’industria, dei campioni sportivi, degli artisti, dei politici e delle dive che frequentavano Villa Mylius, residenza della famiglia Cattaneo, e di riflesso anche la redazione del giornale.
Il direttore «era un uomo che ti guardava sempre in faccia» scrive Giannantoni nella postfazione. Nelle foto Mario Lodi è quasi sempre sorridente. Il suo è lo sguardo di una persona per bene, che sapeva scegliere i suoi collaboratori, con cui amava confrontarsi. Lo spirito di questo grande direttore è stato colto dal fotografo Carlo Meazza nella foto di copertina. Mario Lodi è ai Giardini Estensi, tiene tra le mani la “Prealpina”, fissa l’obiettivo, ma nella mente e nel cuore ha solo i suoi lettori.
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