“Volevamo okkupare per dire basta al cemento e alle speculazioni”

Parla uno dei ragazzi del collettivo "Ultimi Mohicani", il gruppo che ha organizzato la festa dentro un capannone delle ferrovie poi interrota dalle forze dell'ordine

Esistono fenomeni, movimenti e culture che vogliono rimanere nell’ombra, e questo alimenta il mistero che si crea attorno ad essi. Ma anche e soprattutto l’incomprensione e il sospetto. I ragazzi che hanno organizzato la festa di sabato a Gallarate e cercato di occupare uno stabile “abbandonato”, poi interrotti dalla polizia, questo vogliono evitarlo, e uno di loro ci racconta com’è andata l’iniziativa di sabato, e cosa volevano davvero fare.
È un ragazzo del collettivo “Ultimi Mohicani”, il gruppo che ha organizzato e messo in piedi l’”okkupazione”. Un’iniziativa tutt’altro che estemporanea ma pensata già da mesi:
«Si trattava di un’iniziativa per occupare uno stabile abbandonato di via Pacinotti (di proprietà delle Ferrovie dello Stato, ndr), volevamo partire organizzando una festa perché così sarebbe accorsa molta gente. Era un po’ un modo per partire col “botto”, per far conoscere subito l’iniziativa. La festa non era il fine, era il mezzo: da lì in poi avremmo occupato lo stabile creando uno spazio sociale, coerentemente con le idee che portiamo avanti da tanto tempo».
La giornata di sabato è stata preceduta da mesi di riunioni e iniziative per pianificare l’occupazione, «eravamo una decina di persone, poi negli ultimi tempi ci siamo concentrati proprio sull’organizzazione tecnica: chi si doveva occupare del generatore, chi di contattare i gruppi, chi di fare i volantini».
Poi c’era naturalmente anche l’organizzazione “teorica” dell’evento, quella che doveva dare un significato all’occupazione vera e propria, «è da diverso tempo che noi ci muoviamo sul territorio per sensibilizzare la società sul bisogno di spazi liberi per i giovani e sul recupero delle zone abbandonate, abbiamo fatto presidi, volantinaggi, aperitivi informativi. Vogliamo spiegare bene quali sono le nostre intenzioni, che non sono ne misteriose ne disdicevoli: noi vogliamo che vengano recuperati gli spazi dimenticati della città, vogliamo spiegare che cos’è uno spazio sociale, vogliamo far capire che bisogna smetterla di cementificare il territorio, una cementificazione giustificata solo dagli affari e dalle speculazioni che vanno a discapito dei cittadini e che spesso crea vere e proprie cattedrali nel deserto, appartamenti sfitti. E intanto il nostro territorio scompare».

Il capannone da occupare è stato individuato seguendo alcuni criteri, spiega il ragazzo del collettivo, «quel luogo è sostanzialmente abbandonato a sé stesso da tantissimo tempo. Inoltre non è attaccato ad altre abitazioni quindi non avremmo dato disturbo ad altri cittadini. La nostra intenzione era crearvi uno spazio sociale dove allestire mostre, luoghi di approfondimento e dove poter fare riflessioni sul tema dello sfruttamento del territorio, dei problemi che vi abbiamo individuato».
E così, come dicevamo, sono arrivati alla decisione di occupare il capannone di via Pacinotti e di farci una festa per far conoscere l’iniziativa, «abbiamo comunicato l’evento attraverso il passaparola, Facebook e altri siti internet. Poi nella giornata di sabato, verso le 4 di pomeriggio, abbiamo cominciato ad attrezzare il posto: siamo entrati, abbiamo ripulito e abbiamo verificato che non ci fossero pericoli per la gente che sarebbe venuta dopo».
La notizia dell’iniziativa però si era già diffusa, c’era un numero da chiamare per sapere dove sarebbe stata la festa ad una certa ora, e sul posto, a poche ora dall’inizio, si è presentata naturalmente la polizia, perchè a prescindere dalle finalità e dai buoni propositi, occupare uno stabile non tuo, rimane un reato.
«A un certo punto è arrivata una volante che ci ha fatto alcune domande, poi sono arrivati i dirigenti delle forze dell’ordine con un imponente spiegamento. Da lì è cominciata una sorta di trattativa che è stata molto serena sia da parte delle forze dell’ordine che da parte nostra e la situazione era abbastanza tranquilla. Del resto non è mai stata nostra intenzioni alimentare tensioni di alcun tipo. Poi, però, le cose sono degenerate con le persone che stavano all’esterno e che avevano allestito un piccolo presidio. In quel momento, secondo noi, la reazione delle forze dell’ordine è stata esagerata. Ma per evitare ulteriori tensioni abbiamo accolto la loro richiesta di abbandonare lo stabile, così abbiamo raccolto le nostre cose e ce ne siamo andati».

Nel frattempo erano però arrivate numerose persone richiamate dalla notizia della festa quindi i ragazzi si sono spostati, «c’erano almeno un centinaio di persone così abbiamo deciso di proseguire in qualche modo l’evento e siamo andati nel parcheggio di un supermercato (foto a destra). Qui abbiamo allestito la mostra in programma sugli spazi sociali e abbiamo fatto un po’ di festa. Sempre controllati a vista dalla polizia».
I ragazzi tengono a spiegare di non aver rovinato il capannone che volevano occupare, anche se in qualche foto appaiono alcune scritte sui muri e bottiglie di vetro, «tenete conto che quello era uno spazio in disuso, noi se mai abbiamo contribuito a ripulirlo un po’, non abbiamo fatto danni. Certo poi è rimasta qualche bottiglia, ma quello è dovuto al fatto che ce ne siamo dovuti andare anzitempo».
Adesso i ragazzi avvertono che non finiranno così le loro iniziative, la finalità era creare uno spazio sociale per il quale avevano già organizzato una serie di eventi, «useremo le nostre energie per spiegare bene e meglio quali sono le nostre finalità, faremo volantinaggi, iniziative di sensibilizzazione. Cercheremo anche un contatto con le istituzioni, anche se fino ad ora siamo sempre stati inascoltati. Riteniamo che la nostra lotta sia giusta».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Aprile 2010
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