Il maltempo ha lasciato 250 tonnellate di detriti
Tronchi, rami, sterpaglie che dalle aree boschive con le acque sono finiti dritti dritti nel Lario. Frane, smottamenti e crolli stanno interessando l'intero territorio provinciale
Quasi 250 tonnellate di detriti. È questo ciò che l’ondata di maltempo, che continua ad abbattersi sulla Lombardia, ha lasciato a Como: tronchi, rami, sterpaglie che i Comuni avrebbero dovuto provvedere ad eliminare dalle proprie aree boschive e che, in mancanza di questo lavoro preventivo, con le acque sono finiti dritti dritti nel Lario, fino ad arenarsi sui lidi comaschi. Inoltre frane, smottamenti e crolli stanno interessando l’intero territorio provinciale: a Castelmarte la caduta di alcuni massi ha comportato, lo scorso 6 maggio, la sospensione delle corse dei treni tra Caslino d’Erba e Pontelambro; a Porlezza, sabato scorso, il cedimento di un muro a secco ha portato alla chiusura di un tratto della Regina; in Valmara alcuni massi sono franati poco distante dalla dogana. Numerosi anche i corsi d’acqua che hanno creato non poche difficoltà: a Blevio è stato registrato lo straripamento di quattro valletti in altrettante località; a Fino Mornasco a straripare è stato il Rio Acquanegra, facendo temere per la sorte di alcune abitazioni; tra Vertemate e Cucciago il Seveso ha esondato in almeno un paio di punti differenti mentre da Tavernerio è giunta la segnalazione di un particolare stato critico del fiume Cosia. Secondo l’Assessore provinciale alla Protezione Civile, Ivano Polledrotti, i mezzi e le competenze ci sono, manca la giusta ottica: «L’Università dell’Insubria ha censito sul nostro territorio circa ottocento siti a rischio idrogeologico: sappiamo dove sono e di cosa hanno bisogno.
Ma a Villa Saporiti ho dovuto elemosinare 250 mila euro per poter partecipare ad un bando in materia di prevenzione e, a livello nazionale e regionale, è la stessa cosa: si preferisce spendere dieci milioni per riparare i danni piuttosto che investirne uno per prevenirli. Adesso tutti pendono dalle mie labbra, perchè siamo in piena emergenza, ma appena tornerà il sole farò fatica a farmi dar ascolto».
Como, in effetti, è un vero e proprio fanalino di coda in termini di prevenzione «Siamo autolesionisti – asserisce Polledrotti – Ci violentiamo con il cantiere delle paratie, mentre a nord ci sono le dighe che fanno il loro business e dall’altra parte c’è il Consorzio dell’Adda che ci usa come riserva d’acqua per le piantagioni del sud della Regione; noi stiamo in mezzo a subire le conseguenze. Cosa che potrebbe anche avere un senso se venissimo ripagati adeguatamente, ma così non è».
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