“Siamo solo piccoli produttori, ma era ingiusto abbandonarci”

La vicenda degli allevatori bustocchi "salvati" raccontata da Rosolindo Molteni e consorte

Tre produttori di latte bustocchi "salvati": grazie all’impegno della Provincia di Varese, hanno trovato una cooperativa pronta a rilevarne la produzione, modesta per quantità ma qualitativamente valida.
Parlare di allevamento a Busto Arsizio pare una contraddizione in termini per chi della città vede solo l’asfalto e il cemento (che certo abbondano, e ne sono gli elementi salienti). Uscendo dalle vie più battute, però, l’ottica cambia, e si scoprono quei margini di campagna ancora esistenti, magari valorizzati da un sole come quello che oggi ha letteralmente scacciato a viva forza le nuvole dopo una mattinata di nubifragio.
Rosolindo Molteni e la consorte, la signora Mariuccia Zaroli, bustocchi doc, hanno una piccola azienda agricola in via Tommaso Rodari, alla periferia del rione Redentore, non lontano dalla Madonna in Veroncora. Fuori dall’abitazione c’è l’ormai comune distributore di latte fresco.
Accompagnando il cronista, insolito ospite, a visitare la stalla, i due agricoltori raccontano la loro esperienza. «È stata una scelta ottima quella della Santangiolina, è davvero una cooperativa tra le migliori del settore. Del resto, anche se noi siamo solo dei piccoli produttori, era ingiusto lasciarci così, senza nessuno a ritirare la nostra produzione». Che non è poi trascurabile: fino a tre quintali al dì, un’ottantina di tonnellate l’anno, prodotti da una trentina di bestie che ruminano paciose nei loro stabulari, allungando il muso e la lingua verso un mondo esterno di cui colgono solo frammenti. «È tutto frutto della passione di mio marito» racconta la signora, «ci siamo trasferiti qui quando ci siamo sposati, io venivo da un altro ambiente, lavoro industriale. Lui si dedica sempre alle mucche, dodici ore al giorno, dalle sei del mattino, anche per quello spiaceva la situazione in cui siamo trovati. Ma ora non è il caso di piangere (sul latte versato, è il caso di dirlo ndr), si è trovata una buona soluzione, dobbiamo dirlo, grazie all’assessore Specchiarelli. È stato comprensivo, umano, disponibile, davvero una brava persona».
Le difficoltà non sono certo cominciate quando Latte Varese ha annunciato che non avrebbe più ritirato la produzione: risalgono ad anni addietro. Fin verso la fine degli anni Novanta il latte delle loro mucche riforniva la Sabla di Busto Arsizio; chiusa questa, i Molteni si legarono con altre realtà – era l’epoca dei Cobas e delle grandi battaglie, anche mediatiche, sulle quote latte – ma fu un magrissimo affare, con prezzi miserevoli. Per quattordici mesi, infine, Latte Varese «ha tamponato» la situazione, raccontano, fino a optare per l’abbandono dei piccoli produttori bustocchi. Che non l’hanno presa, comprensibilmente, molto bene, ma non sono stati i soli: «Anche Specchiarelli se l’è legata al dito: parché l’é bun, ma l’é no c…» (per la rima, fate voi ndr). Per ora la soluzione c’è: arriva da Lodi, terra di ormai millenarie tradizioni lattiero-casearie. Per il futuro, si vedrà: è il problema di molte aziende agricole. I Molteni hanno una figlia, che lavora in tutt’altro settore: fa la parrucchiera.

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Allevare mucche a Busto Arsizio 4 di 11
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Pubblicato il 27 Maggio 2010
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