Mister Sannino dà lezione ai manager

L'allenatore del Varese ha trascorso una mattinata con i manager di Elmec Informatica per parlare dell'importanza del gioco di squadra e della motivazione. «Le motivazioni creano lo spirito di gruppo. Chi canta fuori dal coro non aiuta la squadra»

Beppe Sannino, allenatore del Varese, fino a qualche mese fa non avrebbe mai pensato di andare a tenere una lezione a 50 manager di una grande azienda. In fondo non è poi così strano, perché i punti in comune tra il mondo del pallone e quello aziendale sono molti: c’è una squadra, i calciatori e i lavoratori; un campo, il rettangolo di gioco e il mercato; ci sono gli avversari, le altre squadre e le aziende concorrenti. Infine, punto fondamentale, i risultati da raggiungere. E Sannino di risultati ne ha ottenuti tanti: quattro promozioni in 4 anni e il passaggio del Varese dalla C2 alla B in soli 21 mesi. Insomma, un buon motivo per ascoltare le sue parole.
Appena è arrivato alla Elmec Informatica di Brunello, azienda dove lavorano 500 persone, Sannino ha trovato all’entrata un tifoso con una targa e una dedica. L’allenatore ha subito confessato con la sua solita trasparenza che non capiva nulla di informatica. «Scrivo ancora con carta e penna» ha detto Sannino a Clemente Ballerio, fondatore della Elmec insieme a Cesare Corti.
Ad attendere lo special one varesino nell’aula didattica c’erano i manager e Rinaldo Ballerio, seconda generazione in azienda, che in un gioco delle parti ha assunto il ruolo di «mister». Infatti, in Inghilterra gli allenatori di calcio sono chiamati manager.
Sannino, intervistato dal giornalista Filippo Brusa, ha parlato dell’impresa straordinaria compiuta a Varese. Nell’ottobre di due anni fa aveva preso in mano la squadra che era ultima in classifica in C2, ha vinto il campionato, ripetendosi l’anno dopo portandola, a distanza di 25 anni, nella serie cadetta. Qual è il segreto di questa cavalcata straordinaria? «Le motivazioni che hanno saputo creare uno spirito di appartenenza ad un gruppo – ha spiegato Sannino -. Siamo cresciuti giorno per giorno coltivando un grande sogno comune. Il merito dei miei uomini è stato crederci fino in fondo».
C’è una metafora che rappresenta quel sogno: la miniera e i minatori. «Ho detto ai miei ragazzi – continua l’allenatore – che noi eravamo come dei minatori che scavavano nella terra, che mangiavano la terra, ma che aspiravano a raggiungere un raggio di luce».
Sannino si è messo a nudo: la sua vita oggi è piena di luce, ma dopo la carriera di calciatore a Voghera ci sono stati anni difficili, bui, dove una nuova esistenza fuori dal calcio doveva fare i conti con una realtà meno ovattata. «Io ho fatto l’infermiere per molti anni. Mi alzavo alle 5 di mattina e lavoravo fino all’una. E poi ad allenare le giovanili di Como e Monza. Chi gioca a calcio deve capire che è un privilegiato».
I talenti sono importanti in azienda, come nel calcio, ma occorre che «sognino insieme a tutti gli altri». Questo è il motivo per cui Sannino non vorrebbe mai avere in squadra un Cassano o un Balotelli. «Una squadra ha bisogno di uomini che ragionino con il “noi” non con “l’io”. Il segreto del Varese è stato questo. Quando sono arrivato qui c’erano dei talenti come Grossi e Lepore che erano in squadra da 4 anni. Io gli ho chiesto che cosa facessero per il gruppo, quale fosse il loro ruolo. Li avevo incontrati quando allenavo altre squadre, eppure non me li ricordavo. Ebbene questi due bravi calciatori sono subito saliti in serie B, avevano giocato per molti anni a Varese e nessuno li aveva notati. Mettersi a disposizione della squadra fa bene agli altri e anche a se stessi».

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Un allenatore come un imprenditore ha bisogno delle forze migliori per vincere le sfide decisive. Nella finale con la Cremonese, quando tutti avevano perso la speranza, la svolta l’ha data un uomo della panchina, che non aveva avuto molto spazio durante la stagione: Alessandro Gambadori. «Eravamo in emergenza, Preite si era fatto male a e non avevo più difensori. Mi sono girato e ho incrociato il suo sguardo che mi diceva: “Mister, dammi fiducia, mettimi dentro”. L’ho buttato nella mischia e lui che è un centrocampista ha saputo adattarsi al ruolo di difensore, dando una carica straordinaria alla squadra in un momento difficilissimo. Avrebbe dato anche l’anima per i suoi compagni, per la società, i tifosi e la città».
C’è una canzone che il mister ha dedicato ai suoi ragazzi e che sarà la colonna sonora del prossimo anno. « E’ “Unici” di Renato Zero perché la mia squadra, anche se partirà senza nessun credito o verrà indicata fra le ultime nella griglia di partenza, continuerà ad essere un gruppo di uomini veri. E unici».
Dietro un grande allenatore c’è sempre un grande secondo. Sannino deve tanto anche al vice Stefano Bettinelli, fedele e preciso collaboratore, sempre pronto a salire sulla plancia di comando quando il mister veniva espulso (tra l’altro il Varese con Bettinelli in panchina ha sempre vinto). «Nel calcio – ha sottolineato l’allenatore in seconda – è fondamentale la lealtà dei sentimenti».
Sannino ama le provocazioni positive, indipendentemente da chi siano i suoi interlocutori.
«Mister vorrei farle una domanda» ha detto una dipendente di Elmec presente in sala.
«Ok – ha risposto il mister -. Però prima mi mandi un bel vaffa…»

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Giugno 2010
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