Se la manovra non cambia bloccheremo l’università

I ricercatori e alcuni docenti annunciano la protesta contro la riforma e il provvedimento del Governo. Se tutto resterà invariato si rifiuteranno di tenere lezioni, esami, sedute di laurea e i test d'ingresso

protesta ricercatori insubria contro manovra«Dovete far sentire la vostra voce, scendere in piazza e tenere lì esami e lezioni. Così potrete portare il vostro dissenso sotto gli occhi di tutti. È necessario e non possiamo restare a guardare sperando che la situazione si risolva da sola». Paola Petrillo è una studentessa dell’Insubria al quarto anno della facoltà di scienze. Sa che la protesta annunciata dai ricercatori varesini e comaschi potrà comportare dei disagi a chi studia ma ne comprende le ragioni e li invita a insistere. Se tutto rimarrà invariato infatti (contenuti della riforma Gelmini e tagli all’università previsti dalla manovra finanziaria) molti di loro potrebbero decidere di bloccare di fatto il funzionamento dell’ateneo come già è avvenuto in altre realtà italiane. Come? Rifiutandosi di tenere le lezioni agli studenti, non presenziando alle sessioni di laurea o d’esame e, per la facoltà di medicina, anche non partecipando al test d’ingresso del prossimo anno.

Tutto ciò è ancora in discussione ma è quanto anticipato durante l’assemblea promossa dall’associazione Aper Insubria che si è tenuta ieri, martedì 6 luglio, nell’aula magna di via Dunant e in diretta in videoconferenza a Como. Un’assemblea insolita che, come ha osservato il professor Marco Cosentino (nella foto in alto), «ha restituito opinioni interessanti e di qualità sullo stato della ricerca in Italia e ci ha portato a discutere come forse non era mai accaduto prima d’ora in questa università». Oltre ai ricercatori all’incontro erano infatti presenti anche alcuni docenti, rappresentanti degli studenti e i presidi delle facoltà di economia, medicina e scienze di Varese.

«Non è solo la riforma Gelmini ad averci portato qui oggi – ha aggiunto Cosentino – ma il susseguirsi di interventi diversi da parte dei governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni e che non hanno fatto altro che cercare di affossare l’università pubblica». «Vogliono trasformarci nella Disneyland d’Europa» è stato il commento secco di un professore che ha citato i diversi approcci degli stati europei alla ricerca e al mondo accademico. «Hanno voluto trasmettere, grazie anche all’aiuto di una parte della stampa – ha proseguito Cosentino -, il messaggio di una riforma condivisa e volta a contrastare i privilegi dei baroni. Ma nel concreto le scelte fatte vanno nella direzione opposta. Chi viene ostacolato nella realtà sono i più giovani, i talenti. Prima con la riforma, poi con la manovra che riduce gli investimenti, blocca gli scatti salariali e il reclutamento. Molti ricercatori inoltre pensavano di poter subentrare ai docenti che naturalmente, per motivi anagrafici, avrebbero lasciato il posto. Invece oggi questo non può accadere. Chi è precario lo resterà senza possibilità di fare carriera».

Il malcontento creato dalla finanziaria del Governo coinvolge questa volta, forse perchè li tocca più da vicino sul lato economico, anche i professori. «Nell’ultimo consiglio di facoltà – ha detto Alberto Coen, preside della facoltà varesina di scienze – ci siamo chiesti se la protesta avrebbe dovuto riguardare anche gli ordinari e gli associati. Abbiamo valutato l’ipotesi di attuare uno sciopero bianco, vale a dire di attenersi soltanto a quanto previsto dalla legge: un solo corso per docente ad esempio quando invece solitamente ne abbiamo di più. Questo andrebbe davvero a comportare il blocco dell’attività didattica ma non abbiamo ancora deciso definitivamente in merito». Della stessa linea di pensiero anche il preside di economia Matteo Rocca: «Credo che sia importante non lasciare isolati i colleghi ricercatori – ha detto -. La battaglia è dell’università intera: non riguarda solo il loro futuro ma tutto il funzionamento del sistema».
Più scettico, sulle ipotesi di protesta, è stato invece il professor Pasquali: «Ogni giorno sentiamo cose diverse sia sulla manovra che sul decreto di riforma dell’università. Sarebbe dovuto entrare in vigore d’urgenza e invece stiamo ancora aspettando la riforma. Mi sono quasi convinto che non passerà mai e dico di stare a vedere».

Intanto, oltre alle considerazioni, sono stati tracciati anche quelli che saranno i prossimi passi. Quello che è certo per il momento è che si percorreranno on line, il "luogo" che finora (grazie anche alla creazione della rete 29 aprile) ha ospitato critiche e osservazioni ma anche idee e proposte. «Invito i colleghi ricercatori a usare la propria pagina web per spiegare i motivi che ci portano a rifiutarci di garantire la didattica agli studenti – ha chiesto una ricercatrice comasca -. Internet è il mezzo più utilizzato nel mondo accademico ed è quanto ci permette di creare una vera e propria rete di comunicazione, può diventare la nostra forza».

Leggi il documento finale condiviso dall’assemblea

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Pubblicato il 07 Luglio 2010
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