Chiara Mastroianni protagonista a Locarno

La figlia di Marcello e di Cathrine Deneuve, ha ricevuto in Piazza Grande l'Excellence Award del Festival internazionale del film

Chiara Mastroianni protagonista della seconda giornata del festival di Locarno, la figlia di Marcello e di Cathrine Deneuve, ha ricevuto l’Excellence Award del Festival del film, consegnatole in serata sulla Piazza Grande finalmente gremita grazie al bel tempo stabile e, come a volte accade, caratterizzata da una forte presenza germanofona, dovuta senz’altro alla scelta dei film della serata (entrambi, almeno in parte, in lingua tedesca) sia al calendario della giornata nel suo complesso che ha visto, tra l’altro, la presentazione in concorso del film “Im Alten von Ellen” di Pia Marais, regista giovane ma già molto popolare tra il pubblico tedesco e svizzero tedesco.
Il film della Marais, presentato nel pomeriggio al FEVI, è giunto a Locarno con uno status di favorito nel concorso, forte dell’apprezzamento di pubblico e critica di cui la regista gode, ed è stato gratificato di un’affluenza di pubblico piuttosto notevole.
Il film, storia di un’assistente di volo che vede andare all’aria la sua vita a seguito del tradimento da parte del compagno, non ha certamente deluso anche se non si è nemmeno rivelato il capolavoro che alcuni aspettavano. Un film difficile da inquadrare in un genere specifico: costruito sull’intreccio di una commedia si muove sempre su toni molto riflessivi, non si pone l’obiettivo di strappare risate ma evita di scivolare apertamente nel dramma.
 
Un film quindi di mezze misure che mette in scena la parabola di una donna che, giunta a una condizione umana e professionale di grande stabilità e soddisfazione, si vede crollare il mondo addosso quando il fidanzato le annuncia di aspettare un figlio da un’altra donna, la crisi di panico che la colpirà le causerà la perdita del lavoro e la spingerà ai margini di quella società in cui sembrava essersi perfettamente integrata. Lo scivolamento è veloce e senza appello, la perdita della casa, del lavoro degli amici però la proietta subito in una vita diversa quando entra casualmente in contatto con un gruppo di ecoterroristi un po’ farseschi, dediti a dare l’assalto a laboratori farmaceutici per liberare topolini e cavie a rischio esperimenti. La catarsi finale, con la partenza in missione ecologista per l’Africa chiude perfettamente un racconto che vuole essere analisi dell’individualismo e dell’immaturità della società moderna ma che non manca di reggersi su qualche coincidenza di troppo e qualche soluzione improbabile che arriva in modo invece piuttosto semplice. Un bel film comunque, pur con qualche limite, che ha buone probabilità di trovare la strada della distribuzione internazionale.
 
Interessante in giornata anche il candidato canadese al pardo dei cineasti del presente “Jo pour Jonathan” del Quebequois Maxime Giroux, che mette in scena il dramma borghese di due fratelli normali di una qualunque periferia che, spinti soprattutto dalla passione per le corse d’auto clandestine e incastrati dalle conseguenze di una, in fondo, banale bugia del più giovane (che decide di nascondere in casa il fatto di non aver passato l’esame della patente), si trovano ad affrontare una spirale di conseguenze impreviste che giungerà fino all’insensata sfida ad un ultima fatale corsa in macchina, all’inevitabile incidente e al dramma finale che segna la sconfitta senza appello.
 
In Piazza Grande, la sera si è iniziato con un po’ di amarcord con una docu fiction dedicata al primo straniero che abbia mai vinto il Giro d’Italia, “Hugo Koblet – Pedaleur de charme”, un documentario piuttosto televisivo ma non privo di momenti toccanti, e caratterizzato da un’esposizione e da un’estetica impeccabili, prodotto in versione trilingue dalla televisione svizzera riesce ad essere un omaggio insieme commosso e non retorico a una delle più grandi figure dello sport elvetico e non solo. Unica nota leggermente dolente sono le parti di fiction che, per quanto sensate e ben inserite nell’opera, finiscono con l’essere quasi esclusivamente dedicate alle numerose peripezie d’amore del campione zurighese.
A chiudere la serata ancora un film di Zombi, questa volta tedesco e più tradizionale rispetto al discusso LA Zombie, Rammbock (Ariete) di Marvin Kren, che reinterpreta gli zombi ripercorrendo tutti o quasi i cliche del soggetto, aggiungendo però una riflessione personale sull’individualismo e l’amore che non stona affatto in un film comunque divertente e ben riuscito.

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Pubblicato il 09 Agosto 2010
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