Felice Boga porta l’esperienza italiana a Shangai
L’imprenditore tradatese, titolare con i suoi fratelli del gruppo Habitare, è intervenuto al convegno sull’arredamento degli spazi medici
Un tocco dell’esperienza imprenditoriale tradatese arriva fino a Shangai. Nei giorni scorsi Felice Boga ha infatti partecipato al convegno dal titolo “Dietro la disabilità”, organizzato dal Ministero della Sanità e di cui era moderatore Attilio Romita del Tg1. Lo scopo era quello di portare all’estero l’esperienza italiana nel settore dell’architettura per il superamento delle barriere architettoniche. Il tradatese Felice Boga, insieme ai fratelli Fausto e Cesare, è titolare dell’azienda Habitare, nota in tutto il mondo e che ha anche un settore, Medica, dedicato all’arredamento ospedaliero.
Nel suo intervento, Boga ha sottolineato come sia importante creare un ambiente “domestico” per il malato, ponendo attenzione anche ai colori, ai suoni, agli odori. «Il progredire della Medicina – ha spiegato l’imprenditore – ha portato a conoscenze che svelano l’incredibile complessità del corpo umano, evidenziando che molti elementi psicologici influenzano il sistema immunitario, addirittura determinando guarigioni dette “miracolose”. È così che la comunicazione col paziente, la fiducia nella cura, la voglia di guarire, la serenità del contesto sono parte della terapia come plus agli antibiotici, alla chirurgia e a tutte le pratiche mediche».
«Uno sguardo sulle strutture assistenziali ci rivela che, nella maggior parte dei casi, sono state spesso progettate per i medici e non per i malati, che sono così percepite, sentite, vissute, come luogo di malattia e non di guarigione. Locali di degenza, arredi, odori, rumori sottolineano in questi ambienti sofferenza e non speranza.
La mission nella progettazione di nuove ed efficaci strutture è di immaginarle con la loro dignità artistica intessuta nel paesaggio in cui sono inserite, esaltandone il ruolo sociale, assistenziale e tecnologico per la cura del paziente e quindi per fare ritrovare la serenità. Il progettista deve saper interpretare e non mediare le necessità e i bisogni impliciti ed espliciti degli individui.
Una struttura quindi “high tech” e “high touch”.
In sostanza, la filosofia generale che sottende tutti i progetti riguardanti le strutture sanitarie e, in particolare quelli degli spazi dedicati ai pazienti, si rapporta ai seguenti tre principi fondamentali: Senso di benessere, permettere che gli individue siano se stessi, effetto casa».
«Cosa sia effettivamente l’"effetto casa" – ha concluso Felice Boga nel suo intervento – è un problema in molti casi equivocato. Viene infatti spesso interpretato come riproduzione fisica dell’ambiente domestico di provenienza. Appare chiaro che se questo approccio può essere anche parzialmente realizzato nelle stanze da letto delle strutture residenziali, sicuramente è impossibile negli spazi comuni. Qui convivono persone di differenti ambienti di provenienza. La gente, a casa propria, si muove in sicurezza perché ne conosce ogni aspetto, mangia quando vuole, controlla la temperatura, apre e chiude le finestre a piacimento. Quindi, l’ambiente è tanto più "domestico" quanto più il paziente si sente in grado di dominarlo e di muoversi in sicurezza. Il valore terapeutico di un ambiente "domestico" sta soprattutto nella riduzione dello stress dovuto all’impossibilità di controllo sull’ambiente circostante, alla coscienza dei limiti della propria autosufficienza, con le conseguenti depressione, passività, aumento della pressione sanguigna e riduzione del sistema immunitario».
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