Clinica ortopedica varesina: 20’anni di traguardi ed emozioni
All'interno del congresso SPLLOT, il professor Cherubino ricorderà le tappe più significative della sua esperienza a Varese. Fichi d'India e fuochi d'artificio per il compleanno
« … era notte, era buio e c’era la nebbia…» Paolo Cherubino ricorda così la prima volta che partì da Pavia per costruire la sua nuova missione in terra varesina. Un’avventura iniziata 20’anni fa e che proprio in questi giorni festeggia i risultati ottenuti.
In occasione della S.P.L.L.O.T, il tradizionale congresso della Società Piemontese, ligure e lombarda di ortopedia e traumatologia (che si terrà a Ville Ponti dal 16 al 18 settembre) per fare il punto sulle novità scientifiche e tecnologiche, la clinica varesina festeggerà i suoi vent’anni di attività. Era l’estate del 1990 quando il Rettore Schimd offrì al professor Cherubino, parte della squadra del Polinlinico del S. Matteo a Pavia, di trasferirsi a Varese per contribuire all’istituenda II Facoltà di medicina e chirurgia a Varese. All’offerta seguì il "severo" esame da parte dei vertici ospedalieri varesini, il comm. Dante Trombetta e il dottor Sergio Salvatore.
Mezzo milione, da quell’estate, le persone visitate nella clinica e oltre 55.000 gli interventi effettuati su pazienti sofferenti: «Venendo a Varese – ricorda il primario varesino – ho cercato di concretizzare un sogno che inseguivo da anni: realizzare una struttura di elevato livello qualitativo per accogliere e trattare con umanità e con le tecniche più aggiornate i pazienti. Un luogo dove fosse possibile fare e riceve cultura, riuscire a trasmettere l’essenza dell’etica e della morale».
Un’avventura che non ha centrato tutti gli obiettivi prefigurati, d’altra parte « …i sogni a occhi aperti sono immaginazioni ideali e perfetti».
Momenti di entusiasmo, risultati esaltanti ma anche amarezze e delusioni che il professor Cherubino non nasconde: « Mi hanno fatto male le pugnalate alla schienza e l’ingratitudine …. Ma al di là delle amarezze ho anche avuto la fortuna di aver incontrato colleghi splendidi e godere la collaborazione di personale infermieristico straordinario per professionalità, dedizione e amore verso il prossimo…».
Gioie e dolori di un’avventura, la storia di una scommessa azzardata di un accademico ormai all’apice della carriera accademica in quel di Pavia per costruire una realtà nella piovosa terra varesina ( "a Pavia c’è la nebbia a Varese piove…") sono raccontati in un libro che verrà distribuito ai partecipanti della tre giorni, oltre 300 specialisti del settore tra medici e infermieri e fisioterapisti.
Un evento a metà tra lo scientifico e il commemorativo che il professore ha voluto dedicare ai "Giovani". Saranno proprio gli specializzandi, così, ad aprire i lavori con la presentazione di alcuni lavori la mattina di giovedì 16 settembre. Nel pomeriggio, parleranno dieci ospiti stranieri sui temi clinici più caldi di questi anni, come l’artoscopia o la displasia dell’anca, storicamente frequente nelle popolazioni alpine, la bioignegneria, l’osteoporosi. A seguire, una tavola rotonda sulla "governance clinica" a cui parteciperanno, tra gli altri, il senatore Tomassini, l’assessore regionale Bresciani, il direttore della sanità regionale Lucchina e il direttore dell’azienda ospedaliera varesina Bergamaschi.
«Alle 18 prenderanno il via i festeggiamenti veri e propri con alcuni momenti ufficiali – spiega Paolo Cherubino – il mio discorso e quello del più giovane dei miei assistenti; la consegna di alcune targhe: a Paola Valcavi in memoria di Giovanni, a Daniela Ferrario, in memoria di Roberto, a Sergio Salvatore e Dante Trombetta, ai vertici ospedalieri quando arrivai in città, e a Giulio Nidoli che a quei tempi dirigeva l’Asl».
Il momento commemorativo aprirà ufficialmente i festeggiamenti che proseguiranno con i Fichi d’India e uno spettacolo pirotecnico: « Una festa vera e propria per ringraziare Varese – afferma il primario – città che mi ha accolto per quello che sono, senza riserve, e, tra l’altro, ha permesso che potessi portare il mio contributo per costruire anche qui una sanità ricca di umanità e cultura».
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