Edilizia, un settore “destrutturato” facile preda dell’usura

Microaziende da due dipendenti, dipendenti e fatturati in calo, nero e false partite Iva che avanzano: il quadro del settore tracciato da Flavio Nossa per Fillea Cgil non è rassicurante

«Usura? Viene da dire che è normale che finisca così». Flavio Nossa, sindacalista per Fillea Cgil, accoglie senza stupirsi le news di giornata sull’ultimo "giro" di prestiti a strozzo a Busto Arsizio stroncato dal lavoro delle forze dell’ordine e della Procura di Varese. «La situazione è nota: ci dicono ancora adesso che da metà 2011 partirà la ripresa, ma era lo stesso l’anno scorso…» La crisi c’entra, c’entra eccome, dicono i numeri del sindacato. Che non possono cogliere proprio tutto, visto il ruolo crescente del nero, ma qualcosa dicono.
«Ho visto chiudere aziendine di pochissimi dipendenti per un’esposizione da trentamila euro di cui si chiedeva il rientro immediato. Le banche ormai danno soldi solo a chi già ne ha. In più vediamo una situazione di ritardi generalizzati dei pagamenti alle aziende per i lavori effettuati, anche da parte delle pubbliche amministrazioni». Il settore edile, nota Nossa «è destrutturato in microaziende che qui in provincia hanno una media di 2,4 dipendenti l’una». Avete letto bene. Tutto mentre in Canton Ticino, quasi un altro mondo, vi sono ancora aziende capaci di 2-300 dipendenti. Anche il numero dei lavoratori in assoluto è in caduta libera: quelli registrati ufficialmente dalla cassa edile sono scesi del 25% in due anni, da circa diecimila a circa 7400. Non è detto però che questa diminuazione corrisponda ad un calo reale dell’occupazione del settore, avverte il rappresentante di Cgil: il nero avanza. Intanto nell’ultimo anno, da giugno 2009 a giugno 2010, riferisce Nossa, sono "saltate" 220 aziende edili in provincia: quelle industriali sono calate da 860 a 771, quelle artigiane da 1303 a 1171.

E l’usura? «Si fa strada in una situazione come questa che descriviamo, con una stretta creditizia senza precedenti, in un mondo in cui vige il subappalto del subappalto del subappalto. Una destrutturazione che avvantaggia solo i vertici della "catena alimentare" della speculazione». Il sindacato ha in mano cifre ufficiali, ma non poco gli sfugge, soprattutto ai livelli inferiori. In aziende così frammentate la sua preseza è praticamente impossibile: il lavoratore edile finisce per rivolgersi alla rappresentanza di categoria solo come extrema ratio. La sensazione è che nell’ultimo biennio sia in crescita il numero dei lavoratori in nero e delle finte partita Iva, lavoratori cioè costretti, per essere "riassunti", a figurare come liberi professionisti, quando la loro condizione è di fatto quella di dipendenti. Fenomeni che, continua Nossa, vengono puntualmente riscontrati durante i controlli sulle attività: e quando si va a fondo delle vicende, le imprese quando va bene regolarizzano il dipendente, quando va male chiudono. Salvo magari riaprire di lì a poco, con altra ragione sociale.
Sembrerebbe dunque un settore in preda ad un caos non governabile, e non controllabile. «Attenzione, sarebbe un errore vederla così» coregge il sindacalista: «un meccanismo come la cassa edile garantisce comunque un certo controlli formale, come pure il Documento unico di regolarità contributiva (DURC), senza il quale in edilizia non puoi lavorare. Ma spesso non viene chiesto nemmeno dalle pubbliche amministrazioni». Quello che è certo, conclude Nossa, è che con la crisi stanno assumendo dimensioni davvero preoccupanti i fenomeni del "sommerso". E la frammentazione rende deboli le aziende: non più capaci di far fronte alle banche, queste rischiano di finire in mano agli strozzini.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Settembre 2010
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