Frontalieri e ratti: il Ticino si interroga

Le reazioni della politica d'oltre confine, i numeri e i pro e i contro dell'immigrazione italiana in Svizzera

Il Ticino, preso in contropiede, ma nemmeno troppo, sulla campagna anti stranieri e frontalieri, ha preso delle posizioni. Se da una parte i partiti PPD e PLR non hanno mosso commenti ufficiali, i socialisti annunziano un’iniziativa parlamentare per impedire il ripetersi di affissioni del genere, considerate lesive per chi ne è l’oggetto ma anche per lo stesso cantone Ticino. Per quanto riguarda la Lega dei Ticinesi, si manifesta una condivisione con riserve su alcuni temi, posizione comprensibile perché va detto che, se dovessero essere confermate le voci che vogliono un coinvolgimento del partito di destra nazionale, ci sarebbe un derby in casa ticinese tra Lega e Udc, con la prima che potrebbe vedersi scippare in due giorni, mesi se non anni di propria campagna sul tema. Quando si dice l’efficacia del mezzo…. Ma le voci secondo le quali dietro a questa manovra ci sarebbe un partito non trovano precisi riscontri pur non tacendo che in Ticino il periodo elettorale sta scaldando i motori. Per quanto attiene al governo ticinese, ieri ha censurato la campagna concentrandosi soprattutto sulla forma. I Tg nazionali italiani hanno mandato in onda immagini e commenti cercando l’autore spirituale, il mandante del gesto. C’è chi ne chiede la testa, la punizione, dimostrando, forse, di conoscere poco la Svizzera. Va precisato infatti che la campagna è privata, non è stata fatta da partiti politi o organizzazioni pubbliche, almeno questo è il dato prevalso e, fino a prova contraria, bisogna crederci.

Il problema e gli insulti – Viene da domandarsi, almeno per ciò che riguarda il lavoro dei frontalieri, se in qualche cosa c’hanno preso i promotori di questa campagna, oppure se sono solo insulti a raffica. I dati raccontano di un problema reale: l’aumento di manodopera frontaliera con casi eclatanti di dumping salariale. Perché tacere che questo fenomeno esiste? Non si scontra certo con il pensiero che vuole la manodopera italiana necessaria nel cantone o in altri cantoni perché questo è un fenomeno che la Svizzera h conosciuto anche ad altre latitudini.

Lavorare in Ticino, i pro e i contro – Il dato aggiornato a settembre vede impiegati, in vari settori, 45.646 nostri connazionali in un fazzoletto di terra che distribuisce solo su alcuni poli industriali la propria forza lavoro. I settori li consociamo, edilizia, ristorazione e turistico alberghiero. A questo si sono aggiunte le società di servizi e i cosiddetti temporanei che hanno conosciuto una crescita rapida e sono un punto dolente per il lavoro in Ticino. Spesso si cercano giovani volenterosi che nel giro si sei mesi possono girare anche tre o quattro aziende, con una normale ricaduta negativa sulla manodopera locale. Va sfatato un luogo comune che vedrebbe i ticinesi poco inclini a lavorare in fabbrica. Il dato non è reale, andrebbe approfondito. Altro fattore discriminante sono gli stipendi e i diritti: quello degli italiani è in genere più basso e in Svizzera si è licenziati per poco, o con poco preavviso. Anche questo dato andrebbe sviscerato ma in generale corrisponde poco al vero. Un motivo riguarda le categorie perché molti nostri lavoratori sono sottoposti a contratti nazionali mantello (CNM), pensiamo all’edilizia, o ai famosi contratti collettivi di lavoro (CCL). Alcune professioni, per categoria, hanno una retribuzione che potremmo definire“standard”. Che invece esistano in Ticino aziende che cercano solo italiani per poterli pagare meno, questo non è una novità ma è impossibile imputare ai frontalieri il desiderio di lavorare e vivere. Proprio di questi giorni è l’accordo dopo la vertenza lanciata dai sindacati nella scorsa primavera circa i lavoratori frontalieri del settore dell’orologeria, circa 2000, che percepivano stipendi di 2500 franchi, sotto pagati, creando un fenomeno di dumping salariale notevole. Ma, in questo caso, la palla torna nell’altra metà campo, in Ticino. Bene inteso, la Svizzera e il Ticino capiscono bene che nel lavoro dei frontalieri c’è una mutua garanzia ma, forse, visti i tempi, una nuova e maggiore regolamentazione è ora auspicabile. La politica dei due Stati, in maniera trasversale, dovrebbe farsi carico di questa denuncia e passare con sforzo oltre all’indignazione, cercando risposte a quesiti sollevati forse in malo modo ma che riguardano la vita di migliaia di famiglie italiane.

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Pubblicato il 29 Settembre 2010
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