Gioie e dolori di Villa Panza

Marco Magnifico, Vice Presidente esecutivo del FAI traccia il bilancio a dieci anni dall'inaugurazione della villa di Biumo

A dieci anni dall’inaugurazione il Vice presidente esecutivo del FAI Marco Magnifico traccia un bilancio di uno dei beni più importanti d’Italia, che per nostra fortuna ha sede a Varese. Una collezione non semplice da gestire che vede l’impegno quotidiano del Fondo per l’Ambiente Italiano.

Villa Panza a Varese apriva i battenti al pubblico dieci anni fa regalando ai futuri visitatori un luogo ricco di bellezza ed arte. Per il FAI un grande impegno, ma anche tante soddisfazioni, che bilancio traccia di questi anni di attività?
Un bilancio economico disastroso. Ogni anno il FAI è in perdita A Villa Panza di circa 300mila euro. Sapevamo in partenza che sarebbe stato un impegno molto oneroso e questo fa senza dubbio parte della nostra missione, ciò non toglie che è una immensa fatica. La manutenzione è costosissima per le opere conservate, per la struttura e per il giardino. Villa Panza deve essere perfetta e non tollera trascuratezza, se infatti altri beni per la loro natura possono concedere qualche mancanza, questo non è possibile per Biumo.
Il bilancio morale è invece molto positivo e siamo molto contenti di aver accettato di prenderci cura di questo bene e la soddisfazione maggiore ce l’ha data il Conte Panza al capezzale esprimendo la felicità della sua scelta dichiarando di vedere realizzato il suo sogno. Siamo molto soddisfatti anche perché in questi anni la villa è sempre più conosciuta e visitata.

In diverse occasioni lei ha sempre fatto appello ai varesini perché sentissero propria la villa e salissero al colle per visitarla. Pensa che in questi dieci anni abbiano imparato a conoscerla e amarla?
Mi piacerebbe che i varesini ricambiassero il grande regalo di Panza con piccoli regali quotidiani. Da Varese mi aspetto di più, come mi aspetto di più da Milano, per intenderci ogni proprietà ha le sue caratteristiche ed è ovvio che dagli abitanti di Casalzuigno non posso pretendere di più di quello che già non facciano per Villa della Porta Bozzolo per esempio, mentre dal capoluogo vorrei di più. I Varesini sono stati molto generosi, in pochi, ricordo coloro che hanno adottato una stanza aiutandoci nel restauro, uno tra tutti Luigi Orrigoni di Tigros, ma penso che le iscrizioni al FAI siano ancora troppo poche. Villa Panza non è del FAI è una gloria per Varese.

Purtroppo questo anniversario coincide con la morte del Conte Giuseppe Panza, lei che lo conosceva bene come lo ricorda?
Lo ricordo come una persona estremamente generosa e intransigente, con sé stesso, con la famiglia, con gli artisti, con il FAI. Pretendeva per garantire la qualità. Ed ovviamente è su questa linea che vogliamo proseguire il nostro lavoro. Le anticipo che il prossimo 13 ottobre sarà annunciato un comitato di cinque garanti, tra direttori di musei italiani e stranieri e storici dell’arte che indicheranno la strada verso la quale proseguire.

Se generosità e intransigenza era il suo merito, quale era il suo maggior difetto?
Era cortesemente prepotente. Era quasi impossibile fargli cambiare idea. Per chi ci lavorava a volte era anche imbarazzante.

Secondo lei quale artista, presente nella collezione, rispecchia più degli altri lo “spirito” del Conte Panza?
Non c’è un autore che lo rappresenta più degli altri. È come per i figli, l’amore per loro non lo dividi ma lo raddoppi, lo replichi e così Panza era sempre in sintonia con gli artisti che sceglieva, tanto da comprarne centinaia di opere, come a volersene impossessare.

Una mostra temporanea è un evento importante che ha un termine temporale appunto, secondo lei che cosa rimane una volta che le opere tornano nei musei e nelle collezioni private?
Rimane la crescita culturale, che ritengo molto importante. È difficile dimenticare un’emozione di fronte a un’opera che ci ha colpito, credo che sia un avvicinamento all’arte contemporanea e quindi anche alla collezione. Lo spettatore intelligente cerca di capire di più. Lo stesso Conte Panza ogni sera faceva un giretto da solo per la collezione perché diceva di avere sempre un pensiero diverso e una emozione nuova. È come un libro, se lo rileggi ti può sembrare sempre diverso, se lo leggi a venti o a cinquant’anni ti darà emozioni nuove.

Lei vede in Italia un collezionista che può essere considerato un erede “morale” del Conte Panza?
È una domanda molto difficile. Ci sono molti collezionisti ma Panza è stato più di un collezionista, è stato la porta dell’arte americana in Europa. Panza non a collezionato centinaia di opera ma migliaia, grazie alle sue donazioni si è costituito il nucleo del Moca di Los Angeles o il Guggenheim di New York. È stato un testimone dell’arte contemporanea. Se devo dire un nome penso a Beyeler. Per il quale Renzo Piano ha firmato il Museo. Panza a un certo punto ha fatto fuori il patrimonio, trovandosi costretto a vendere delle proprietà, pur di continuare a comprare opere. Non parliamo di malattia ma di missione si.

Cosa pensava il Conte Panza del pubblico che visitava la sua collezione?
Panza era entusiasta del pubblico di Villa Panza. Spesso si aggirava tra i corridoio ad osservare i visitatori. Lo siamo anche noi e vorremmo che invece di 30.000 fossero 50.000 all’anno.

Il Fai in questi anni è cresciuto per beni “adottati”, per numero di visitatori, per volontari e per le numerose attività che animano il panorama italiano, secondo lei è cresciuta anche la coscienza collettiva delle meraviglie che l’Italia possiede?
La coscienza nella gente è molto cresciuta. Nascono infatti molti comitati spontanei per difendere un monumento, un paesaggio o quant’altro è anche più facile far capire l’importanza e il valore delle cose. Purtroppo chi governa non lo capisce e non possiamo avere un Presidente del Consiglio che promuove un bellissimo spot per passare le vacanze in Italia e poi tagliare continuamente i fondi.

Un ultima considerazione.
Concludo come concludo sempre: varesini Villa Panza è vostra e amatela come casa vostra.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Settembre 2010
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