Pd, il rebus delle primarie
Il centrosinistra cerca un candidato sindaco per il capoluogo ma le modalità con cui avverrà la scelta fanno discutere
Il Pd deve fare le primarie per scegliere il candidato che sfiderà la Lega? Il dibattito, che non manca mai, è iniziato, e sono scesi in campo già due autorevoli esponenti locali come Giuseppe Adamoli e Paolo Rossi, entrambi a favore di primarie allargate a personalità di valore e il più possibile partecipate, seppure non chiusi a soluzioni statutarie, come quella della scelta di un candidato autorevole, incoronato a grande maggioranza, ma senza le primarie.
E’ tuttavia evidente che l’esempio di Milano piace ai due politici, dove sono scese in campo personalità di valore, in grado di contendere, a Letizia Moratti, la poltrona di sindaco. In realtà, il dibattito è sottile: lo statuto del partito prevede una serie di soluzioni tra cui, appunto, le primarie. In caso di primarie allargate alla coalizione è chiaro che il Pd potrebbe (ed è abbastanza normale) indicare un proprio candidato privilegiato, come legittimamente è accaduto a Milano, dove, la direzione cittadina ha dato indicazione per Stefano Boeri. E’ solo un’ipotesi, ma prima di arrivare a questa soluzione (o escluderla), alcuni invocano una discussione ampia e condivisa sul da farsi, e i blog sono spesso strumenti dove i militanti, seppure a volte senza firmarsi direttamente, si rivolgono frecciate.
Il segretario cittadino Roberto Molinari fa questo ragionamento: «Un candidato unico senza le primarie dovrebbe avere la stragrande maggioranza dei consensi nel partito, ma tutto questo è già previsto dallo statuto. Il tentativo sarà quello di avere un candidato condiviso, ma si vedrà. In caso di primarie di coalizione si farà, credo, come a Milano, dove la direzione cittadina, nelle primerie, ha scelto Boeri quale candidato del Pd. Il vincolo è politico ovviamente, non ci sono mica carabinieri».
Per Emiliano Cacioppo, capogruppo in consiglio comunale: «Le primarie sono uno strumento utile, il partito deve essere aperto. Oggi stiamo lavorando con Idv e Sel per le primarie di coalizione. Lo statuto dice che si possono candidare più persone e non vedo il problema. A Varese si può fare come Milano? Dipende, se c’è una personalità fortissima e l’assemblea lo sostiene, si può anche non fare le primarie, ma se c’è maggiore equilibrio è giusto farle. Decideranno gli iscritti».
Fabrizio Mirabelli, responsabile provinciale degli enti locali sostiene una tesi: «Noi l’abbiamo detto da tre mesi che faremo le primarie, non è che si può fare un tormentone di questa cosa, ma bisogna vedere quando. Piuttosto, non mi pare ci siano tutte queste persone che vogliano fare il candidato sindaco a Varese».
Il consigliere regionale Alessandro Alfieri ragiona così: «Non mi appassiona il dibattito su primarie del Pd o di coalizione. Diciamo che sono buone se servono per allargare la partecipazione dei cittadini di Varese alla scelta del candidato sindaco. Se invece servono per blindare scelte già precedentemente definite, non servono. La primarie non sono un dogma però, possiamo anche farne a meno se decidiamo di dare spazio a una candidatura molto autorevole che vada oltre i tradizionali confini del centrosinistra». Chiude il dibattito, come è tradizione, il segretario provinciale Stefano Tosi: «Dipende dal confronto politico, non si può prevedere dall’alto, per adesso è un esercizio un po’ scolastico. Le primarie sono per definizione aperte, essendo primarie di coalizione quanto accaduto a Milano è normale: sono aperte a tutti ed è anche normale che il partito possa esprimere una sua preferenza su un candidato, ci mancherebbe altro. Prima delle primarie di coalizione, però, ci sarà un percorso partecipato su una candidatura, e può essere anche un non iscritto al Pd, come è avvenuto a Milano».
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