Ritrovato il thriller girato a Villa Toeplitz
Grazie al potere di Internet è stata recuperata la pellicola "Una jena in cassaforte", un noir girato negli anni '60 nella Città Giardino
La storia è una di quelle che ti fanno capire perchè c’è gente che chiede il Nobel per Internet. Domani, 1 ottobre, all’Aula Magna dell’università dell’Insubria verrà proiettato, ad ingresso gratuito, un film degli anni sessanta: del 1967, per la precisione.
Un thriller con belle pupe e atmosfere gotiche, di quelli che i ragazzi andavano a vedere con i genitori un po’ sdegnati e che invece Quentin Tarantino ha assurto a grandi film della storia del cinema italiano. Il suo titolo originale è “Hybrid” ma in realtà la mitica casa di distribuzione Cineriz non lo trovò adatto e lo trasformò in “Una jena in cassaforte”.
Ma perchè l’università varesina si dà la pena di recuperare un film pressocchè sconosciuto e vecchio di 43 anni? Perchè è un pezzo di memoria storica varesina: “Hybrid”, il cui regista Cesare Canevari fa parte del gruppo dei cineasti milanesi dell’epoca, è stato interamente girato tra le sale e il giardino di villa Toeplitz. Un film di cui, nei decenni successivi, se n’è persa la memoria, e di cui nemmeno il regista stesso non possedeva più una copia.
A riportarlo in vita e a ridargli splendore – alla villa, ma anche all’attività di quel periodo straordinariamente prolifico del cinema italiano, per troppi anni misconosciuto – è stato un articolo, nato da una chiaccherata con Nini della Misericordia: noto nella nostra città come personaggio poliedrico e un po’ pazzo (nel senso buono) – suo il “Cuoricino d’Oro” ma tante altre piccole e grandi iniziative varesine – che in quegli anni dirigeva a Milano il teatro sant’Egidio, e faceva il produttore cinematografico. Produttore anche di quel film girato a Varese, aneddoto che lui decide di confessare alla collega giornalista Adriana Morlacchi, della provincia di Varese, la quale ne fa un articolo e lancia un appello: “Chi ha una copia di quel film si faccia avanti”.
Nulla sarebbe successo se quell’appello fosse rimasto confinato alla carta stampata: nessuno a Varese l’aveva. Ma l’articolo finì in Internet, e capitò nelle mani di un appassionato bresciano, che spedì a Ninì una copia riversata su CD. Da allora tutto il lavoro è stato fatto per restaurare la copia e renderla visibile domani, recuperando un pezzo curioso di storia del cinema e un pezzo della città di Varese che ora non c’è più.
A raccontarlo sono stati, in una presentazione pubblica proprio a Villa Toeplitz, i protagonisti della storia: Ninì della Misericordia, Adriana Morlacchi, e Cesare Canevari, che ora è un signore ultraottantenne col bastone, un po’ spaesato in una Varese vista più di 40 anni fa che lo accoglie come una star, ma dall’ironia ancora intatta. «Un’ironia che si coglie anche nei suoi thriller, che rifà il verso a quelli di maniera»¸ha spiegato Diego Pisati, caporedattore cultura della Prealpina, chiamato a raccontare una biografia sua e del cinema dell’epoca che «Sa molto più di me» ha commentato Canevari.
Uno stile che si è colto anche nelle battute del regista, che pur seppe far fare con intelligenza un percorso originale ad una produzione di serie B: “Ma che dite, era un filmetto!” si schermisce dai complimenti Canevari, con una battuta che fa venire ancora più voglia di vederlo. Anche perchè in quelle scene non solo ci sono gli interni, il cancello, l’ex garage – appena abbattuto – le fontane (allora funzionanti!) e la cupola: c’era anche metà degli abitanti Sant’Ambrogio dell’epoca. Alcuni a fare i figuranti “Nella scena dei coriandoli”, come ricorda il regista. Alcuni «A spalare letame sopra la neve per nasconderla» e non contestualizzare in inverno il film (lo racconta Bruno, uno di quelli che ha trovato soluzioni pratiche alla realizzazione delle scene), altri impegnati a parlarne al bar o a spiare le riprese serali «Più che altro perchè eravamo ragazzi, e volevamo vedere le attrici» come ha spiegato, con sincerità Adriano: allora ragazzo, ora parte di una storia varesina.
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