I ricercatori “ribelli” incontrano gli studenti

Continua la protesta contro il disegno di legge Gelmini. I ricercatori hanno spiegato ai ragazzi perché non faranno lezione, annunciando alcuni disagi

i ricercatori ribelli incontrano gli studentiDa una parte ci sono i ricercatori che vogliono spiegare le ragioni della loro protesta contro il decreto Gelmini. Dall’altra gli studenti che chiedono quando inizieranno le lezioni, quali problemi incontreranno e perfino se si potranno o meno laureare. Dall’altra ancora un disegno di legge che continua a "slittare" rischiando davvero di non diventare mai realtà. Una cosa è certa: i disagi all’università dell’Insubria, così come in molti altri atenei italiani, non mancheranno. È quanto annunciato questo pomeriggio nell’incontro tra i ricercatori dell’ateneo e gli studenti che hanno affollato l’aula magna di via Dunant. L’entità della protesta non è però semplice da definire.

Innanzi tutto, come ha spiegato il professor Marco Benini del Dipartimento di Informatica, «all’interno della stessa Insubria le facoltà hanno scelto dei modi diversi per esprimere il proprio dissenso. In generale i ricercatori hanno comunicato ufficialmente la loro "indisponibilità". Il che significa, va precisato, che non faranno sciopero ma che si limiteranno a fare ciò che gli è stato formalmente richiesto dal proprio contratto: quindi la ricerca. La didattica non rientra negli obblighi dei ricercatori ma è una prassi spesso, tra l’altro, gratuita e noi ci asterremo dal fare lezione. In dettaglio la protesta si concretizza così: nelle due facoltà di scienze i ricercatori che hanno dato la loro indisponibilità sono circa il 95 per cento, a medicina il 50. A economia l’adesione è stata totale ma si è scelta una via diversa: ogni ricercatore terrà un unico corso. Anche giurisprudenza ha scelto un’altra strada, ponendo al governo delle richieste dirette».

«I dubbi degli studenti – ha aggiunto Mario Cosentino, una delle anime della protesta – sono comprensibili. Ma vorrei che si andasse oltre alle semplici questioni sul "funzionamento" dell’Insubria nell’immediato futuro. Quello che stanno facendo i ricercatori coinvolgendo anche molti professori in tutta Italia è una protesta meritoria per evitare un crollo generale della qualità di tutto il sistema universitario nazionale. Va nell’interesse di tutta l’università, in primo luogo degli studenti». Tra i ragazzi c’è chi applaude ma anche chi non condivide, chi non vuole essere "la vittima della protesta", chi chiede l’aiuto della televisione e chi vorrebbe che il malcontento emergesse da canali istituzionali come ad esempio il sito dell’università. Ma allo stesso tempo è chiara la disponibilità al confronto: «Dobbiamo capire come affrontare il problema – ha detto Giuseppe, rappresentante degli studenti -. In ogni caso dobbiamo unire le forze. Nei prossimi giorni convocheremo un’assemblea studentesca, naturalmente i ricercatori sono invitati a partecipare».

In aula erano presenti pochi docenti (in molti però hanno firmato una mozione contro il disegno di legge) e solo due presidi, Matteo Rocca della facoltà di economia e Alberto Coen di quella di scienze di Varese. «La protesta è comprensibile ma dobbiamo anche informare correttamente gli studenti e non creare panico ingiustificato – ha precisato Coen -. Alla facoltà di scienze abbiamo organizzato la didattica da tempo, in modo da garantire a tutti la possibilità di frequentare i corsi regolarmente». «Il disegno Gelmini purtroppo è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso – ha concluso Rocca -. Il problema di fondo sta nella mancanza di risorse e nei continui tagli che l’università subisce. Non si investe nell’università. Come possiamo definirci un paese competitivo se non capiamo questo? E come giustamente hanno fatto notare alcuni ragazzi, se da una parte le risorse statali vengono meno, dall’altra dovranno aumentare le entrate legate alle tasse degli iscritti. In questo modo però si apre un processo che porterà alla privatizzazione degli atenei statali».

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Pubblicato il 05 Ottobre 2010
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