Quelli di Hina e Sanaa sono “delitti d’onore”

Paolo Grugni ha scritto "Italian Sharia" (Perdisa). Un romanzo che si ispira a fatti veri: omicidi di ragazze islamiche che cercano di vivere all'occidentale. Presentazione venerdì 8 ottobre (inizio ore 18) Libreria Feltrinelli di Varese, interverrà l'autore

italian sharia«A Hina Salem e Sanaa Dafani. E a tutte le altre». La dedica compare all’inizio del romanzo “Italian Sharia” (Perdisa) di Paolo Grugni. Quei due nomi di ragazza riportano alla mente due storie vere e drammatiche finite nelle cronache di tutti i giornali. Hina e Sanaa sono morte per mano dei loro padri perché "colpevoli" di voler vivere all’occidentale, accanto a un fidanzato scelto per amore e non per imposizione della famiglia. L’ultima vittima di questa “mattanza” della libertà è di pochi giorni fa, a Modena. In questo romanzo, per una volta (purtroppo), i riferimenti a fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, non sono casuali. 
Grugni, lei ha scritto una storia che è specchio della realtà. Quanto conosceva, prima di scrivere questo libro, della cultura e della concezione della famiglia islamica?
«Sapevo ben poco del mondo islamico, come la maggior parte degli italiani. Ho fatto un viaggio da autodidatta durato due anni durante i quali ho analizzato i casi concreti. Agli esperti il libro l’ho fatto leggere dopo averlo pubblicato, per non essere condizionato, ed è stato molto apprezzato».
Nel romanzo si parla di una sorta di tratta al contrario. La sorella di una delle vittime viene portata nel paese di origine della famiglia per essere a sua volta uccisa in quanto non è una buona musulmana. E’ un’invenzione?
«No. Durante le mie ricerche, mi sono imbattuto in una fonte riservata che mi ha parlato di questo fenomemo che è più contenuto rispetto alla miriade di donne che vengono riportate nei paesi di origine per realizzare matrimoni combinati dalla famiglia. Però esiste».
Perché il titolo non è stato tradotto?
«Perché sarebbe diventato “Sharia all’italiana” che falsava la percezione del fenomeno, lo banalizzava. Ci troviamo di fronte a qualcosa che non ha a che fare con la religione, come tutti credono. Il caso di cui tratto non è altro che un delitto d’onore: le ragazze vengono uccise perché violano la legge del padre, l’onore della famiglia. L’Islam non c’entra nulla. E vorrei ricordare come fino a meno di trent’anni fa in Italia esisteva nel codice penale italiano il delitto d’onore che rappresentava un’attenuante».
Quindi sono omicidi che vogliono affermare un primato culturale dell’uomo sulla donna?
«Certo. E non è un caso che gli avvocati difensori del padre di Hina abbiano invocato la religione come attenuante, ma la religione non c’entra nulla. Tirarla in ballo serve perché nel sentimento comune questo fenomeno è letto in quel modo».
L’integrazione passa anche dall’accettazione dei simboli "importati". Come bisogna interpretare il fatto che si vedono per strada sempre più giovani musulmane che portano il velo?
«Il passaggio generazionale è fondamentale nell’integrazione, ormai un figlio su quattro è figlio di immigrati, quindi il fenomeno non si puo’ ignorare. I simboli in questo processo di integrazione giocano un ruolo importante e quindi bisogna conoscerli. Ad esempio, tutti pensano che il velo sia un’imposizione della famiglia. Invece, le ragazze di seconda generazione ne hanno una concezione diversa, perché usano il velo come un foulard, cioè come un fatto di moda, di civetteria, per distinguersi dagli occidentali. Non lo vivono come un’imposizione, ma come uno strumento di libertà perché diventa il passpartout per poter fare tutto ciò che vogliono con il consenso della famiglia».
Salvatore Aloise, giornalista di "Le Monde", ha scritto su "Internazionale" che il suo romanzo “è meglio di un saggio sulla condizione femminile e la laicità dello stato". In Italia è condivisa questa valutazione?
«Ho ricevuto dei riconoscimenti da studiosi dell’islam, come il professor Branca. Però, ad esempio, nessuna rivista femminile italiana ha recensito il libro. Forse se in copertina ci fosse stato un nome esotico…».

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Paolo Grugni è l’autore di "Italian Sharia" (Perdisa). Un romanzo che si ispira a fatti veri: omicidi di ragazze islamiche che cercano di vivere all’occidentale. Presentazione venerdì 8 ottobre (inizio ore 18) Libreria Feltrinelli di Varese, interverrà l’autore e  Camilla Zanzi , presidente dell’Associazione EOS, Centro Ascolto Donna.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Ottobre 2010
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