Dall’amniocentesi il “tesoretto” per la cura delle malattie

Presentate a Milano le ultime attività di Biocell Center, il centro di Busto Arsizio che per primo al mondo ha scoperto il metodo di conservazione delle cellule staminali del liquido amniotico prelevate dal comune esame

Biocell CenterDall’amniocentesi alla cura delle malattie più difficili attraverso le cellule staminali. Ma quali sono le potenzialità di queste cellule? E a che punto è la ricerca? Per rispondere a queste domande è stato presentato questa mattina, 18 gennaio 2011, all’hotel Park Hyatt nel centro di Milano, lo stato delle attività della Biocell center di Busto Arsizio, il primo centro al mondo ad offrire alle donne in gravidanza il servizio di conservazione delle cellule staminali del liquido amniotico, prelevate attraverso l’amniocentesi.

Una presentazione partita dal presupposto che la medicina del futuro è quella che curerà le malattie con cellule e geni: è questo infatti l’obiettivo degli studi e delle ricerche avviate dal laboratorio che si avvale di importanti collaborazioni con équipe internazionali per sviluppare progetti di ricerca per valutare l’utilizzo e l’applicazione di queste cellule nella medicina rigenerativa e nelle terapie cellulari.
Ma da dove è nata questa intuizione?
GIUSEPPE SIMONI«Una volta che è stata scoperta la presenza di staminali nel liquido amniotico, abbiamo iniziato a studiare le capacità di espansione di queste cellule e ne abbiamo constatato l’elevato potenziale proliferativo – ha spiegato Giuseppe Simoni (nella foto a destra), direttore Scientifico Biocell Center. Questo significa che una piccolissima frazione di liquido amniotico, come i primi tre millilitri estratti durante l’amniocentesi, sono in grado di fornire da 20mila a 30mila cellule, una quantità sufficiente per eventuali utilizzi terapeutici futuri».
Così, Biocell Center ha messo a punto una tecnica per la raccolta e la crioconservazione di quella parte del liquido amniotico che viene normalmente scartata durante l’amniocentesi senza interferire con l’esame e preservando la sterilità e le caratteristiche delle cellule.
«Il prelievo può essere effettuato da un qualsiasi ginecologo durante l’amniocentesi, senza modificare le normali procedure operative né eseguire un prelievo ad hoc – ha sottolineato Claudio Giorlandino, Segretario Generale della S.I.Di.P., Società Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina Materno Fetale – Conservare il liquido amniotico non comporta alcun rischio; possono infatti essere utilizzati i primi 3 millilitri di liquido estratto, una frazione che le linee guida europee raccomandano di gettare per evitare che il campione destinato alla diagnosi prenatale sia contaminato dalla pelle della mamma. Si tratta di un’opzione che si consiglia a chi ha già deciso per altre ragioni di effettuare l’esame dell’amniocentesi».

La scoperta nel liquido amniotico di cellule staminali con capacità rigenerative apre nuovi orizzonti nel campo dei trapianti e per la cura di molte malattie: le cellule staminali mesenchimali, che in questi piccoli quantitativi prelevati si trovano in abbondanza, saranno infatti potenzialmente utili in futuro per applicazioni di medicina rigenerativa e terapia cellulare. Ad oggi sono 160 le applicazioni cliniche sull’uomo in fase di approvazione. «Le cellule contenute nel liquido amniotico potranno in futuro dare origine a tessuti ossei, cartilaginei, adiposi, miogenici, neurali, epatici, renali ed endoteliali – aggiunge Simoni – Questa loro caratteristica quindi le rende dunque adatte alla creazione in laboratorio di tessuti da utilizzare per sostituire parti del nostro corpo danneggiate o non funzionanti, come nel caso di gravi ustioni e fratture».

Ma perché una mamma dovrebbe decidere di conservare le staminali estratte dal liquido amniotico?
«Perchè la scelta di pensare alla salute del proprio figlio al momento dell’amniocentesi permetterà alla ricerca scientifica di fare importanti passi in avanti 
– ha affermato Giorlandino – La conservazione del liquido amniotico permette di creare un patrimonio di cellule staminali potenzialmente utili in futuro sia al bambino che alla sua famiglia. Le cellule del liquido amniotico rappresentano una valida alternativa alle cellule embrionali, che possono generare tutti i tipi di tessuti umani, pur tuttavia con limitazioni etiche e scientifiche a causa della loro elevata instabilità genetica. Le cellule amniotiche, invece, non presentano questo tipo di problemi. Conservare il liquido amniotico raccolto durante l’amniocentesi permette così di coniugare la diagnosi prenatale con la possibilità di garantire al proprio bambino un campione di cellule staminali assolutamente compatibili di cui disporre in futuro».

L’utilizzo delle cellule staminali da liquido amniotico apre una nuova frontiera nella medicina favorendo il passaggio da terapie di tipo farmacologico a quelle di tipo cellulare: «Ad oggi sono due i principali filoni delle applicazioni terapeutiche 
– ha concluso Simoni –  Il primo è rappresentato dalla rigenerazione di tessuti solidi e le più importanti ricerche in tal senso sono quelle condotte dal Professor Dario Fauza dell’Harvard Medical School (Boston, USA), che ha utilizzato le staminali da liquido amniotico per ricostruire in laboratorio una parte di diaframma, un segmento di trachea e uno sterno, che ha poi ha impiantato alla nascita in ovini affetti da gravi malformazioni congenite, Il secondo filone riguarda invece la terapia cellulare di malattie che non hanno un’origine genetica. Una delle principali applicazioni in fase di studio riguarda la cura della degenerazione maculare e della retinite pigmentosa attraverso la creazione di epitelio pigmentato retinico e fotoricettori, un progetto al quale stiamo lavorando in collaborazione con il dipartimento di Oftalmologia dell’Harvard Medical School »

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Pubblicato il 18 Gennaio 2011
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