E ora tornano le sporte: istruzioni per l’uso
Dal primo gennaio nel nostro paese ne è vietata la “commercializzazione per l’asporto delle merci” dei sacchetti non biodegradabili. Cosa succede ora
Fine dei sacchetti della spesa di plastica.
Hanno soffocato delfini, insozzato parchi, invaso le nostre case e aguzzato l’ingegno di inventori di “portasacchetti”. Ma ora i sacchetti di polietilene, quelli che davano nei supermercati per portare la spesa, sono diventati fuorilegge. O meglio, dal primo gennaio nel nostro paese ne è vietata la “commercializzazione per l’asporto delle merci”: cioè è vietato venderli (costavano pochi centesimi) per portare via la spesa.
Cosa succede in questi giorni? negozi e supermercati sono già adeguati? Ma soprattutto: quali sono le alternative? proviamo a fare il punto della situazione, a pochi giorni dall’introduzione della legge.
Quali sono i sacchetti non biodegradabili
I sacchetti non biodegradabili sono quelli utilizzati finora, realizzati in polietilene. Anche se qualche dubbio però è stato sollevato da qualche bastiancontrario che ha fatto notare come, sia pur in tempi lunghissimi (dai quindici ai mille anni), anche la plastica è soggetta a degrado. La norma più precisa sul tema è la EN 13432, che definisce qual è il materiale biodegradabile. Tale non è il polietilene, appunto.
Attenzione: anche i sacchetti biodegradabili non fanno bene all’ambiente
Fino ad ora le alternative più simili create al vecchio sacchetto di polietilene sono le bioplastiche. La più famosa di tutte è il Mater Bi utilizzato sia per i rifiuti umidi che già introdotto da alcune catene di supermercati. Il difetto principale dal punto di vista pratico è la sua fragilità: oggetti taglienti o pesanti sono decisamente proibiti, e con le bottiglie di vetro si possono fare veri disastri. Più resistente, ma più cara – si aggira sui 10 centesimi a pezzo – è il sacchetto di carta, che oltre a tenere ben oltre i 10 chili può servire anche per la raccolta differenziata della carta. Il punto più critico però è lo spreco energetico: per produrre un chilogrammo di bioplastica è necessaria infatti energia termica ed elettrica pari ad 1,4 kg di petrolio equivalente e 50 litri di acqua, oltre a contenere anche ingredienti di origine chimica derivati dal petrolio, sia pur biodegradabili. Insomma, una soluzione migliore rispetto ai sacchetti di plastica, ma non immune da effetti sull’ambiente. Quanto alla carta, è ben noto il grave impatto che la sua produzione ha sull’ambiente e persino il riciclo, sicuramente una buona abitudine, comporta consumi di acqua ed energia.
L’unica vera alternativa: il riuso
Per essere davvero ecologici, la cosa migliore da fare è una sola: portarsi da casa il sacchetto, e usare quelli in acquisto solo in caso eccezionale. Insomma, tornare alla vecchia sporta o i più moderni trolley per la spesa. La grande distribuzione ha già tra i prodotti in vendita una scelta ricchissima di sacchetti riciclabili: da quelli agganciabili al carrello alle sporte di stoffa lavabili, dai sacchi di plastica pesante e resistentissima ai cartoni. La nuova industria ne ha inventati di ancora più originali: dalle sportine fashion ai sacchetti fatti con i cartelloni riciclati, dai carrelli di plastica pieghevoli alle palline di plastica che si trasformano in sacchetti grandissimi da portare a tracolla.
Cosa succede ai sacchetti di plastica ancora in circolazione
Secondo la norma, dal primo gennaio è vietato mettere in vendita i sacchetti di plastica non biodegradabili. Ma la stessa norma non dice nulla dello smaltimento delle scorte, né, in realtà, al momento sono previste sanzioni per chi viola il divieto di commercializzazione dei sacchetti di plastica. Ogni negoziante, quindi, decide in proprio: molti di essi per esaurire le scorte già in magazzino li regalano. Discorso diverso per i sacchetti neri della spazzatura: quelli continueremo a trovarli nei negozi e nei supermercati i sacchetti neri della spazzatura.
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