“La memoria è utile se è condivisa”

Daniele Selmi ha realizzato un dvd dove si racconta la storia della Resistenza aTorre dei Roveri, un paese in provincia di Bergamo, dove vivono ancora molti protagonisti di quella stagione

«La memoria è utile se è condivisa». Daniele Selmi, 32 anni, fa l’archeologo di professione e il politico per passione. Eletto nelle fila di una lista civica, ricopre la carica di assessore alla Cultura nel comune di Torre dei Roveri, un paese di circa duemila anime in provincia di Bergamo.  Lì vivono ancora alcuni protagonisti della Resistenza, uomini e donne che dopo l’Armistizio dell’8 settembre non aderirono alla Repubblica sociale italiana (Rsi).
Le loro storie sono state riproposte in un dvd realizzato dal comune. Un lavoro multimediale che non si limita a raccontare ciò che accadde a Torre dei Roveri, ma che colloca quelle storie in uno scenario nazionale e internazionale. «Ho provato a concepire – spiega Selmi – una memoria che non fosse solo archeologica, ma anche proiettata nel presente e per farlo occorre che sia supportata da una coscienza degli eventi. La prima domanda che ci siamo posti era cosa fosse cambiato dopo la seconda guerra mondiale, visto che l’eredità pesa ancora su di noi. Dopo quel conflitto, infatti, sono stati sempre i civili a pagare nelle guerre».
Il documentario affronta tutti gli aspetti di quella tragedia, compresa la fragilità umana, i sentimenti e le speranze di un’intera generazione. Scegliere, per un ragazzo di allora in età d’armi, voleva dire schierarsi. «A Torre dei Roveri nessuno poteva starne fuori: da una parte c’era la Rsi che rastrellava paese per paese chi non rispondeva alla leva militare; dall’altra c’era l’eco degli avvenimenti che arrivava dai paesi vicini, a volte in guerra l’uno contro l’altro».
Un passaggio molto interessante del documentario è il giudizio che i testimoni hanno nei confronti del fascismo e del conflitto mondiale. «I reduci in paese – racconta Selmi erano considerati con molto rispetto. Ciò che viene giudicato negativamente a posteriori non è tanto il fascismo, quanto il modo in cui si andò in guerra. Nonostante il clima di violenza diffusa, i protagonisti di queste storie non perdono mai il senso della pietas nei confronti dei prigionieri. A Torre dei Roveri infatti non ci sono state rappresaglie sui vinti».
In guerra in genere c’è poco spazio per i sentimenti. A volte però il destino riesce a nascondere la felicità nella tragedia. Come nel caso di Nino, che ha conosciuto la futura moglie russa in un campo di concentramento, dove si sono innamorati senza mai parlarsi fino alla liberazione: 40 chili in due e un gioco di sguardi capace di vincere qualsiasi bruttura. Lei, finita la guerra, per tredici lunghi anni, non è riuscita a far sapere nulla alla sua famiglia di origine, dopo che era stata affidata agli italiani. «Poiché la memoria non puo’ essere confusa con il patriottismo – continua l’assessore – quel racconto mi ha consentito di affrontare un aspetto delicato: i rapporti delle truppe italiane con le altre popolazioni. Ad esempio, gli alpini in Russia stavano facendo una guerra di conquista, eppure i russi nei loro confronti hanno avuto una grande umanità. Un aspetto che influirà molto sulla percezione dei prigionieri slavi che arriveranno più tardi nel bergamasco».
Selmi vorrebbe portare avanti questo progetto anche nei prossimi anni senza limitarlo però ai fatti legati alla Seconda Guerra Mondiale. «Mi piacerebbe ricostruire una scala della memoria che risalga i decenni. Questo lavoro è anche un documento linguistico in quanto i testimoni parlano un dialetto che non si parlerà più nei prossimi anni. Ho un solo rammarico perché ho saputo che tante persone, che non ci sono più, avrebbero potuto raccontare in maniera molto dettagliata quelle vicende della Resistenza. Questo lavoro è dedicato anche a loro».

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Pubblicato il 24 Gennaio 2011
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