Stato e mafia, quante “convergenze” in quel libro

Il sociologo Nando Dalla Chiesa, figlio del generale ucciso dalla mafia, racconta la sua ultima fatica alla Galleria Boragno nella quale mette insieme i pezzi di un puzzle che ha inizio con le sentenze del maxiprocesso di Palermo

Tutte le convergenze tra mafia e politica in un solo libro, basato sui fatti storici e non sulle indiscrezioni dei pentiti e delle inchieste. Questo il tentativo reso esplicito dal professor Nando Dalla Chiesa presente ieri sera, venerdì, in galleria Boragno a Busto Arsizio per presentare il suo ultimo libro intitolato, appunto, "La convergenza", edito da Melampo.  La presentazione è stata aperta da Massimiliano Di Giovanni del Gruppo 24 Ore e intervallata da letture di brani del libro da parte dell’attore Mario Piciollo, della compagnia stabile del Teatro Sociale di Busto Arsizio.

Davanti ad una trentina di persone, intervenute alla presentazione, Dalla Chiesa ha ripercorso i vari passaggi della storia recente del nostro Paese «quella che non ci vogliono mai raccontare perchè è troppo recente» – l’ha definita il sociologo, una frase usata quasi come una scusa poco credibile per impedire agli italiani di fare 1+1 e chiarirsi le idee una volta per tutte su chi ci governa e chi ci ha governato dal dopoguerra in avanti. Dalla Chiesa racconta l’Italia delle convergenze tra Stato e Mafia partendo dall’assunto che c’è una prevalenza di "cretini" tra gli italiani e cita Toqueville: "Ciò che mi colpisce non è il genio di coloro che hanno servito la Rivoluzione di proposito ma l’imbecillità singolare di quelli che l’hanno fatta arrivare senza volerlo…", si legge in apertura del libro.

A seguire i capitoli raccontano storicamente come sono andate le cose, partendo dagli atti parlamentari, dalle cose che si possono toccare con mano, le prove tangibili della convergenza e, di proposito, non cita pentiti e inchieste parziali ma fatti, sentenze di cassazione come quella del maxi-processo di Palermo. Proprio nell’ambito di quel processo, infatti, i giudici scrissero questa parola nelle motivazioni delle sentenze di ergastolo, le prime in 130 anni di storia dell’Italia Unita: «I giudici ribadirono dall’inizio dell’inchiesta all’ultimo grado di giudizio che c’era una convergenza di interessi tra la mafia e la politica». Dalla Chiesa parla degli omicidi eccellenti, come quello di Salvo Lima che non garantiva più alla mafia la copertura del potere politico, della pianificazione degli assassinii di Falcone e Borsellino, di quel rapporto dei Ros sul quale stava indagando Falcone e del quale anche Borsellino era a conoscenza, nel quale si parlava di convergenza di interessi tra mafia e imprenditoria del nord, dell’intervista rilasciata da Borsellino al giornalista francese Fabrizio Calvi, mai andata ufficialmente in onda ma che si può trovare facilmente su Youtube (qui), due giorni prima della strage di Capaci.

Dalla Chiesa parla anche del papello di Riina (le richieste di una mafia messa in difficoltà dal carcere duro) e della doppia trattativa tra Stato e mafia e tra mafia e un nascente partito politico che poteva garantire un nuovo appoggio a Cosa Nostra (gli stessi mafiosi aprirono circoli di Forza Italia spendendosi in prima persona) mentre la strategia stragista distruggeva vite e beni artistici in giro per l’Italia. Anni bui, mai del tutto svelati, contenitori di segreti sui quali la nuova classe politica ha costruito la Seconda Repubblica. Da brividi la lettura del brano riguardante un convegno di avvocati a Messina che nel 1994 durante il quale si esercitò l’insulto libero a Falcone e Borsellino, accusati dai penalisti siciliani delle peggiori nefandezze, con la benedizione dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che mandò un messaggio beneaugurale a questo, cosiddetto, convegno.

Non è mancato l’appello finale di Dalla Chiesa ai bustocchi: «Attenti perchè mentre vi raccontano che dovete difendere le vostre tradizioni e i vostri costumi (riferimento al "forzaleghismo" che domina la Lombardia da oltre 15 anni) piccole comunità di paesi da 3-4 mila abitanti della Calabria stanno colonizzando la regione più europea d’Italia – ha detto infine il sociologo – la loro frase preferita è: la Lombardia non è mafiosa perchè è fatta di gente onesta e laboriosa». L’autore de "Il giudice ragazzino" e di "Delitto Imperfetto" torna a pungere la classe politica tutta, anche la sua, con un libro che mette a fuoco, senza fronzoli, l’italica e secolare capacità di nascondere la testa sotto la sabbia.

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Pubblicato il 29 Gennaio 2011
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