Tintoria Luigi Tosi, la procura sequestra beni per un milione e mezzo

La Procura di Busto Arsizio ha accertato, tramite la Guardia di Finanza, un buco verso l'erario da quasi 20 milioni di euro. L'azienda aveva chiuso i battenti definitivamente del dicembre 2010

E’ di quasi 20 milioni di euro il passivo accertato dalla Guardia di Finanza di Busto Arsizio, su delega della Procura della Repubblica di Busto Arsizio, che ha indagato sul fallimento della storica tintoria Luigi Tosi che ha chiuso i battenti definitivamente a ottobre del 2010 con il licenziamento dei 50 dipendenti che da gennaio sono senza cassa integrazione.

La verifica delle cause del dissesto, ha portato i finanzieri di Busto Arsizio a constatare che i responsabili dell’azienda Giovanni Tosi (78 anni) e il figlio Stafano (46), avevano sistematicamente, a partire dal 1998, omesso di versare all’Erario le ritenute fiscali operate e l’IVA, nonché i contributi previdenziali e assistenziali dovuti, attuando, in questo modo, una forma illecita di “autofinanziamento”, con la finalità di continuare deliberatamente l’attività imprenditoriale, nonostante la situazione generale dell’impresa fosse gravemente compromessa, sotto il profilo finanziario. Anno dopo anno i debiti si accumulavano e si stratificavano nei confronti dell’erario e a questi si aggiungevano gli interessi maturati fino ad arrivare a 18,2 milioni di euro, una cifra enorme. Ad un certo punto furono gli stessi dipendenti dell’azienda a chiedere il fallimento inscenando una clamorosa iniziativa di occupazione della fabbrica situata in via Adua nell’ottobre del 2009.

L’erario, per avere ragione dei crediti, ha fatto pignorare diversi macchinari che venivano venduti all’asta per ripagare i mancati versamenti ma la proprietà li riacquistava alle stesse aste tramite ditte compiacenti e utilizzando soldi della stessa Luigi Tosi. L’impresa fallita si riappropriava dei macchinari che, ufficialmente, appartenevano a queste imprese terze alle quali la stessa Tosi pagava un affitto. In questo modo si evitavano i pignoramenti.

I due indagati sono accusati, oltre che di bancarotta fraudolenta, anche di reati fiscali specifici, previsti dalla legge penale tributaria, per l’omesso versamento delle ritenute fiscali e dell’IVA. Al termine delle indagini sono stati sequestrati 4 appartamenti, ubicati in un unico stabile, del valore stimato di circa 1,5 milioni di euro e titoli di credito, per un controvalore di circa 130 mila euro, nelle disponibilità degli indagati. Le indagini sono state dirette dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Busto Arsizio, dott. Roberto Pirro Balatto.

Stefano Tosi ci tiene a precisare quanto segue: «Innanzitutto, il fallimento della società non è stato chiesto dai dipendenti, ma dalla proprietà stessa, vista l’impossibilità di proseguire l’attività dopo il naufragio di tutti i tentativi di sanare o risolvere in qualche modo la situazione – specifica l’imprenditore –
Inoltre, la Procura ha sequestrato sì i beni miei e di mio papà, ma non si tratta di 4 appartamenti, bensì di un unico appartamento, che è quello in cui vivono mio papà e mia mamma e che è già stato acquisito dal fallimento, così come tutti i beni di mio padre, nel momento stesso in cui il fallimento è stato dichiarato. Quanto ai “titoli di credito” si tratta di risparmi di mia mamma e di mia moglie sui quali né io né mio padre abbiamo alcun tipo di disponibilità e che non abbiamo mai contribuito a formare. Come ho già avuto modo di sottolineare, nella vicenda della Luigi Tosi la mia famiglia ha perso tutto, ed è oggi ridotta sul lastrico: ma ha ancora un onore, e quello intendo difendere»

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Pubblicato il 17 Gennaio 2011
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