“Facciamo quello che dice nostro padre: Tutto ciò che non viene donato, va perduto”

Parla Lisi Rusconi, figlia di Felice, che con il fratello e il nipote guida la Fondazione nata in nome dei suoi genitori, e che ha ospitato nomi come Christian Barnard, Renato Dulbecco e Dominque Lapierre

Lisi Rusconi, circondata da amici e nipoti all'ultima cena del CuoreE’ stata fondata nel nome di uno dei più importanti costruttori degli anni ’60,  che ha eretto palazzi come la terrazza Martini a Milano. Contribuisce da più di trent’anni allo sviluppo nel campo biomedico e di assistenza all’infanzia: gli ultimi sono stati consegnati per il Ponte del Sorriso, ma tra i beneficiari delle sue iniziative umanitarie ci sono anche la comunità di Sant’Egidio e Children First. Ha ospitato nei suoi incontri pubblici scienziati e personalità internazionali:  da Christian Barnard a Renato Dulbecco, a Dominique Lapierre.
Ma la  Fondazione Rusconi è innanzitutto una straordinaria storia di solidarietà varesina, nata da una grande storia industriale lombarda.  Per raccontarcene i particolari abbiamo contattato Luisangela (per tutti "Lisi") Rusconi (nella foto, circondata da amici e nipoti), figlia di Felice e vicepresidente della Fondazione, presieduta dal fratello Noé.

Com’è nata la Fondazione?

Fu voluta da mio padre, Felice Rusconi, quando mia mamma si spense nell’agosto
del ’74 a causa di una forma di epatite cronica aggressiva. In poco meno di un anno, nel novembre 1975, è stata riconosciuta come Ente Morale. Fin dalla sua costituzione la Fondazione si è fatta promotrice di importanti iniziative grazie anche a un comitato scientifico d’eccezione: nel corso dei vari anni furono chiamate personalità autorevoli ad indirizzarne l’attività. Ricordo per esempio Christian Barnard, Luca Cavalli Sforza, Luigi Donato, Renato Dulbecco, Guido Fanconi, Ulrich Wolf, Jacques Monod, Roger Williams e Adriano Buzzati Trasverso. Dal 2001 abbiamo voluto dare alla Fondazione l’attuale denominazione ("Fondazione Anna Villa e Felice Rusconi", ndr) in ricordo anche di mio papà, scomparso nel 1997.

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Fondazione Rusconi, la storia 4 di 15

Può raccontarci chi era suo padre, Felice Rusconi?
Mio papà era del 1911. Era nato vicino a Lecco in una famiglia di modeste condizioni economiche. Lavorò sempre duramente e dopo la guerra avviò a Milano un’attività di costruzioni edili che ebbe grande successo. Negli anni 70 era al vertice di un gruppo industriale che spaziava ormai dagli immobili, alla produzione di cemento e calcestruzzo, dalle attività alberghiere al settore del terziario e finanziario. Opera sua sono per esempio il grattacielo in Piazza Diaz (con la celebre Terrazza Martini) e il palazzo di Piazza San Babila a Milano. A Varese la sede attuale del Coin e dell’Oviesse, solo per citarne alcuni. Nel 1972 è stato nominato Cavaliere del Lavoro, lo stesso giorno in cui fu nominato anche Giovanni Agnelli. Nonostante il successo, non ha mai dimenticato i periodi difficili. Forse per questo è sempre stato sensibile a svariate attività benefiche. Se mi permette, vorrei aggiungere che il profilo di mio papà però non sarebbe completo se non ricordassi anche sua moglie, Anna Villa. Una parte importante in tutto questo, infatti, la ebbe sicuramente anche mia mamma. Si dice che dietro un grande uomo ci sia sempre una grande donna, e mai come in questo caso il detto mi sembra corretto. La sua presenza discreta al fianco di Felice la rendeva insostituibile. Ci furono spesso momenti difficili, ma lei oltre a essere una brava mamma, sapeva essere una moglie molto presente, un sostegno per tutta la famiglia. Alla sua scomparsa molti ci dissero “Tutti le volevano bene”. Non credo fosse una frase di circostanza e nemmeno un elogio. Ma la semplice verità. Tutti le volevano bene. E non era difficile: faceva del bene generosamente, soprattutto senza ostentarlo e con semplicità. Credo che sarebbe stata veramente felice della Fondazione creata a suo nome.

La ricerca medica sembra uno dei più importanti obiettivi…
Non solo: all’inizio la Fondazione cercò soprattutto di dare sostegno alla ricerca sperimentale in ambito biomedico erogando borse di studio e finanziando posti di ricerca presso istituti esteri prestigiosi (per i dati precisi rimando al sito Internet dove ci sono le cifre corrette, non vorrei sbagliare). Quando la presidenza passò a mio fratello Noè, per iniziativa di mio nipote Tomaso Siccardi furono apportate alcune importanti modifiche nell’impostazione e nella gestione delle attività della Fondazione. Alle scienze biomediche, abbiamo deciso di affiancare iniziative di carattere sociale, soprattutto a tutela dell’infanzia. In questi ultimi anni, nonostante la crisi economica abbiamo cercato, insieme con Anna Siccardi, di dare impulso all’attività di found raising organizzando eventi sociali in nome della Fondazione e a favore di realtà bisognose. A novembre per esempio abbiamo organizzato una cena di Natale a Villa Ponti con lo scopo di donare un’autoambulanza all’Ospedale di Circolo. Ci sembra che proponendo obiettivi concreti sia più facile trovare sostenitori e finanziatori per i nostri progetti. Grazie anche a questo sono state avviate nuove collaborazioni con l’Università di Milano, l’istituto Oncologico Europeo, l’Ospedale del Ponte di Varese e l’Ospedale San Raffaele di Milano.

Cosa spera per il futuro?
Che la Fondazione, tanto desiderata da mio papà e tenuta in vita con tanto sostegno da parte di
tutta la famiglia, continui la sua attività ancora per molto molto tempo. Mi piace pensare che i
miei nipotini prenderanno in mano questo pesante testimone e manterranno vivo e attivo questo
importantissimo progetto perché come diceva mio papà “Tutto ciò che non viene donato, va
perduto".

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Aprile 2011
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