“Come io vedo il lago”: la nuova fatica dello scrittore/pescatore

L’Associazione Culturale “Remolungo” organizza un “Aperitivo con l’autore” Ernesto Giorgetti: appuntamento venerdì 6 maggio alle 18.45 in piazza della Cooperativa

Dopo “Confesso che ho pescato” il pescatore/scrittore Ernesto Giorgetti di Cazzago Brabbia dà alle stampe un nuovo libro, “Come io vedo il lago”, che rappresenta una fondamentale testimonianza scientifica sui meccanismi nascosti di funzionamento del Lago di Varese. L’autore, insieme ai professori Franco Battaglia e Paolo Sequi, racconterà come vive e respira il Lago di Varese nei suoi cicli stagionali.
 
La pubblicazione del libro è stata promossa dall’Associazione “Remolungo” che si propone di mantenere in vita certe tradizioni, espressioni, modi di dire e di essere, comuni un tempo nel circondario del lago di Varese. Non già l’intenzione di perpetuarne la memoria attraverso immagini di maniera o relazioni erudite; ma le cose vive e vere, se ancora hanno qualche aggancio con l’attualità, in virtù della loro semplicità o purezza.
 
«Una volta c’era la falce. Ma ora non si falciano più le cannette (è proibito) ma si “sfalciano” le lagane e i fiori di loto. Hanno pure spiantumato i noci del Caucaso all’Isolino, piante allogene, extracomunitari vegetali. Razzismo botanico. Guai a chi mangia miele d’acacia: la pianta viene dall’America. Ahi che canaglia, quel Cristoforo Colombo! L’abbiamo chiamata Remolungo, l’attrezzo che il pescatore professionista porta sempre a bordo e che gli serve, fra l’altro, per spingere la sua barca nel canneto. Un attrezzo è un potenziamento delle facoltà umane. Prendiamo un rastrello: allunga il braccio naturale, allarga le dita fino a farne uno strumento che imita e supera la natura. Ci sono molti attrezzi. Abbiamo scelto Remolungo perché il termine è rimasto incorrotto dalla sua origine. Si guardi come i nomi di cose e oggetti, ma spesso degli utensili, seguano ciascuno una propria storia di degradazione e entrino così modificati nel senso comune. Il linguaggio se ne appropria e li usa per le sue necessità a piacimento. Prendiamo ancora “rastrello”: non ce ne sarebbe forse più nemmeno memoria fuori dall’ambiente contadino, se il termine non si fosse allargato e piegato alla metafora. Oramai si rastrellano i soldi, i capitali, l’erba a chi interessa più? Se guardiamo solo al nostro ambiente lacustre, vediamo che molti politici fanno anche di più: usano l’iperbole. Ci sono molti dalle nostre parti che non remano più, come sarebbe giusto, ma sremano. I loro remi sono diventati così corti e invisibili che non escono neppure dagli scalmi: si finge di remare, si srema. A loro delle cose semplici e vere non interessa proprio. Ecco dunque Remolungo, rimasto inviolato, dalle metafore e dalle appropriazione indebite della burocrazia. Un concetto puro, che si erge in piena autonomia espressiva, e che avvicina alla comprensione di quel che ci sta attorno. E’ un arto, una parte, della vita vera, un piccolo sogno di cultura».

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Pubblicato il 02 Maggio 2011
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