Delia Cajelli ricorda Angioletto Castiglioni

Il direttore artistico del teatro Sociale dedica una commossa lettera al reduce dai campi di concentramento che aveva partecipato all'ultima edizione delle celebrazioni per la Giornata della Memoria

Caro Angelo,

un famoso attore del passato, Louis Jouvet, diceva che il teatro è una cosa dello spirito e io sempre, nel lavoro quotidiano, nel quale è passata tutta la mia vita, ho inteso, “facendo questo mestiere”, di tendere a tenere sveglio lo spirito mio e quello degli altri, il mio per primo, e in un’epoca in cui l’omologazione del pensiero tende a cancellare lo spirito e ad addormentare la mente, è sempre stato prioritario per me tenere d’occhio la rotta.
Tra i tanti argomenti affrontati ogni giorno, dal teatro greco a quello contemporaneo, ho sempre privilegiato il teatro di “impegno civile” e non c’è nulla di più attinente a questa dimensione civile del teatro che il tema dell’Olocausto e dei campi di concentramento e di sterminio. Dare voce a quelli che non ci sono più è stato per me il più spirituale modo di fare teatro.
Ho letto migliaia di testimonianze e tanti libri sull’argomento, ma nessuna di queste pagine, tutte per me importantissime e “sacre”, mi ha regalato la ricchezza umana dell’incontro, degli incontri con te.
La compagnia del teatro Sociale di Busto Arsizio replica, da oltre quattordici anni, “Se questo è un uomo” di Primo Levi. In questo spettacolo, come tu ben sai, ci sono sempre stati due momenti a te dedicati: la “tua” prima doccia a Flossemburg e la “tua” marcia della morte. Sempre in questi due quadri ho avvertito e avverto nei giovani spettatori (sino ad ora circa sessantamila) una tensione emotiva e un’attenzione particolare.
Nel 2008, per la Giornata della memoria, una vocina interiore mi ha detto che era venuto il tuo momento, che dovevo fare qualcosa a te dedicato. Forse era il mio modo di reagire a quell’episodio in cui ancora una volta il tuo essere uomo era stato calpestato…allora come nel passato, e ho voluto “rielaborare” la tua storia come si rielabora un lutto.
Noi teatranti crediamo o ci piace credere ai segni: quando avevo già scritto tutto ho chiesto a una comune amica come si chiamava tua madre: mi è stato detto Adele, che è anche il mio nome… Ti ho sentito ancora più vicino.
Quella domenica c’eri e hai sentito tutto; non so se ti sei accorto che noi eravamo come su di un filo sospeso, perché avevamo paura di dire una sola parola sbagliata o di troppo…Tutti concentrati a non offenderti in alcun modo ed è stata un’altra esperienza indimenticabile: i miei attori, grazie alla tua presenza, hanno potuto seguire un alto processo di immedesimazione e hanno finalmente recitato con il cuore e il numeroso pubblico presente ha partecipato, come in altre, pochissime e rare occasioni con il cuore.
Quest’anno, per la Giornata della memoria, sei venuto a incontrare i bambini e i giovani di “Officina della creatività”, in vista dello spettacolo “La notte” di Elie Wiesel. Ci hai regalato la tua preziosa e sofferta testimonianza. Non dimenticheremo mai le tue parole.
Grazie per non esserti chiuso in un comprensibile “silenzio”. Grazie per avere accettato questa, e tutte le altre volte che ti abbiamo invitato, la fatica e la pena del “ricordarsi”. Ti ho sentito spesso “raccontare” o “testimoniare”, come tu giustamente preferisci dire, la tua vicenda. Ti ho visto tutte le volte “riviverla” con dolore e questo ha dato al racconto una valenza unica, così come sempre i “miei” bambini, giovani e attori hanno dimostrato di capire.
Credo, come ti ho già scritto, che nella vita tutto ciò che ci riguarda non sia casuale, neppure il nome e tu ti chiami “Angelo”:
Angelo della Sofferenza,
Angelo della Memoria,
Angelo della Pace,
Angelo del Tempio civico di Sant’Anna, che è un luogo di pace.
In questa “chiesetta”, che ricorda i caduti di tutte le guerre, ho presentato il 1° maggio, in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II, lo spettacolo “Wojtyla. Parole di pace”. Quello spettacolo, e tu lo sai bene, era dedicato alla tua figura. Voleva essere un omaggio alla tua “missione” di testimone. Non poteva essere altrimenti, io credo. Il papa ha vissuto in prima persona le asperità della seconda guerra mondiale e ha sentito spesso il dovere di dire, soprattutto ai giovani, “mai più la guerra”. Tu, come lui, hai “combattuto” tutta la vita per la verità, la libertà, la giustizia, la fede e la pace.
Grazie, Angelo, per la tua amicizia, per la tua testimonianza, per il tuo esempio. Grazie a nome mio, degli attori, dei giovani e di tutti gli operatori del teatro Sociale.
Ti vogliamo tanto bene. Sarai sempre con noi. Continueremo con il nostro lavoro a mantenere vivo il ricordo di ciò che è stato, sapendo che, da lassù, ci sarai vicino…

Adele Cajelli

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Pubblicato il 25 Maggio 2011
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