Gambizzarono una donna, per la difesa non fu tentato omicidio
Il difensore di Rienzi ed Esposito, accusati di essere rispettivamente il mandante e l'esecutore, chiiede di derubricare il reato a lesioni gravi e scagiona Esposito: «Non fu lui a sparare ma Orazio». Per Rienzi chiesta l'assoluzione
Nell’udienza odierna del processo Bad Boys ai presunti esponenti della ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo-Legnano le difese hanno anche approfondito il capo d’imputazione che riguarda il tentato omicidio di Barbara Viadana avvenuto nel marzo del 2007 in pieno centro a Busto Arsizio. In quell’occasione, secondo l’accusa, Antonio Esposito, Donato Orazio, Pasquale Rienzi (in qualità di mandante), Stefano Giordano e Roberto Lomuscio hanno partecipato all’organizzazione e alla messa in atto del tentato omicidio che si materializzò nell’esplosione di due colpi di armada fuoco all’interno dell’agenzia "Immobiliare due" situata in via Roma.
Secondo l’avvocato di Antonio Esposito e Pasquale Rienzi a commettere l’atto fu Donato Orazio e non Antonio Esposito come sostenuto dall’accusa e non si sarebbe trattato di un tentato omicidio ma di lesioni gravi o gravissime. Il difensore Michele D’Agostino chiede di derubricare il reato in base a due elementi: «Il fatto che furono esplosi solo due colpi su sette e il punto in cui la donna è stata colpita, il femore, un punto non vitale». Inoltre smonta la tesi dell’accusa specificando che Antonio Esposito ha ammesso la sua partecipazione nell’organizzazione dell’attentato ma non dice di essere stato lui a sparare: «Nella descrizione della dinamica fatta dalla stessa vittima – dice il legale – la donna ricorda di aver visto un uomo alto e imponente entrare nell’ufficio e sparare mentre Esposito tutto si può dire tranne che sia alto e imponente – spiega D’Agostino – inoltre Esposito non si sarebbe mai tolto il casco, come lo sparatore ha fatto, in quanto sarebbe stato riconosciuto dalla vittima». Secondo D’Agostino, dunque, fu il D’Orazio a sparare.
Sulla posizione di Rienzi, che secondo l’accusa sarebbe il mandante dell’intimidazione, D’Agostino specifica che il suo assistito aveva un motivo di screzio nei confronti della sorella di Barbara, Emanuela, per dei soldi che avrebbe dovuto ricevere da una truffa (per la quale sono già stati giudicati colpevoli insieme ad Alfredo Venegoni) messa in atto tempo addietro rispetto alla gambizzazione, ma non aveva intenzione di attuare nessuna ritorsione. Si sarebbe trattato, dunque, del gesto volontario di Esposito e Orazio che avrebbero voluto fare un "favore" all’amico. La richiesta della difesa, dunque, è quella di assolvere Rienzi e di derubricare a concorso in lesioni gravi la posizione di Esposito. Nella sua requsitoria, infine, D’Agostino chiede l’assoluzione di Esposito per una rapina, inserita nell’ordinanza, ma che non sarebbe stata commessa dal suo assistito, il quale «si è autoaccusato di averne commesse 15 esclusa quella all’Intesa San Paolo di Lonate Pozzolo», usata nell’ordinanza per dimostrare il collegamento tra le rapine e la locale di Legnano-Lonate Pozzolo. In quella circostanza il bottino fu di soli 10 euro che i banditi abbandonarono sul bancone dello sportello.
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