I Phil Good
Uno striscione a Masnago premia Goss e noi ci accodiamo volentieri. Nella domenica di sport i voti più alti vanno a Garzelli e Pacilli, quello peggiore a un signore di Pescara con il fischietto in bocca usato a sproposito
(d. f.) Il titolo, lo diciamo immediatamente, lo abbiamo copiato da uno striscione visto al palazzetto e lo abbiamo subito utilizzato per premiare Phil, che poi sarebbe Goss, perché la sua serie playoff contro Cantù iniziata in salita è finita con prestazioni ottime. La copertina però in realtà non è sua ma due atleti che accendono una domenica sportiva ricca di emozioni, nel bene e nel male. Pagellone orfano di volley e di Varese 1910, visti gli impegni del lunedì sera. Ma li ritroveremo presto.
Pagellone numero 58 del 23 maggio 2011
Stefano Garzelli 8 – "Sempreverde" è una definizione che oggi come oggi calza davvero a pennello al nostro unico rappresentante al Giro d’Italia. Perché ha un’età quasi venerabile a questi livelli ma non la dà a vedere (soprattutto fino a che il casco gli nasconde la pelata): la sua quasi-impresa – 2° posto dopo la Cima Coppi e una fuga interminabile – nel tappone dolomitico serve anche a vestirlo del colore che identifica il leader dei gran premi della montagna. Spiana il tremendo Giau, schiva pure un cane che cerca di abbatterlo, si arrende solo al giovane spagnolo Nieve, che con quel cognome sta a pennello sulla cima dei monti. Bravo, bravissimo.
Mario Pacilli 8 – Due assist e due gol. Basterebbe questo per fargli meritare il voto rotondo nel pagellone, ma ieri Pacilli ha saputo incarnare tutte le caratteristiche tigrotte, in primis quella di non mollare mai anche di fronte alle difficoltà. Dimenticata per due ore la disgraziata situazione societaria, il giovane trequartista ha trascinato l’intero gruppo con una grinta e una qualità tecnica che il suo fisico minuto hanno faticato a contenere.
Phil Goss 7 – L’americanino della Cimberio era all’esordio in una serie playoff di Serie A, ha pagato lo scotto nella prima partita ma poi si è riscattato alla grande davanti agli occhi di papà, un signore pacioso giunto dagli Usa per sostenere il "pargolo". E a proposito di occhi, quelli di Phil ci hanno lasciato incantati: sgranati e feroci allo stesso tempo, dopo le partite perse di venerdì e domenica esprimevano una smisurata voglia di rivincita. Anche per questo ci piacerebbe rivederlo in maglia biancorossa.
Ron Slay 4,5 – Altro esoridiente playoff a stelle e strisce, ma qui l’esito è stato diametralmente opposto rispetto al compagno di squadra. Di fronte Ron-Ron si è trovato quel pozzo d’esperienza che si chiama Denis Marconato cui sono bastati due gomiti appoggiati nel modo giusto e un paio di difese oltre il limite per mandare fuori giri l’americano. Il problema è che Slay ha concesso prima il bis e poi il tris: gli è saltato in testa di poter risolvere da solo le partite ed è finito con un pugno di mosche tra le mani, insieme alla fascetta che si toglie ogni volta che torna in panchina.
Luigi Lamonica 2 – Arbitro di basket cui non sembra giusto che su un campo in parquet si parli dei giocatori, e che decide di prendersi i riflettori decidendo gara2 tra Cantù e Varese con un fischio "assassino". La Bennet – ahinoi cosa ci tocca ammettere – ha dimostrato di essere superiore alla Cimberio, e a maggior ragione quindi fa arrabbiare quel fallo fischiato a Slay che oltretutto è un errore tecnico (se Ron era nella famosa "lunetta" non andava fischiato nulla, se era – come era – al di fuori, lo sfondamento è netto). E certi trattamenti nel corso della partita – il "terzo&quarto fallo" di Galanda e Goss, il bonus subito raggiunto da Cantù… – uniti ai precedenti con Varese (ricordate la partita interna con Biella?) lasciano quanto meno sconcertati. Ma tanto, di provvedimenti e punizioni, non se ne parlerà mai.
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