Mattia Calise, uno studente candidato sindaco

Classe 1990, è il candidato chierato dal Movimento 5 stelle. «Cambiare il modo di fare politica»

mattia caliseGiovane, anzi giovanissimo: classe 1990, Mattia Calise è sicuramente il candidato più “piccolo” anagraficamente parlando alle elezioni comunali di Milano del prossimo 15/16 maggio. Tra un esame e l’altro di scienze politiche all’Università Statale, Mattia rilascia interviste su interviste in qualità di “portavoce” del Movimento 5 Stelle (non chiamateli grillini!), il partito/non partito vicino a Beppe Grillo che, secondo gli ultimi sondaggi, vale circa il 5%, più del Terzo Polo; un bagaglio di consensi e di voti che potrebbe fare la differenza nell’ormai quasi scontato ballottaggio tra i due big Moratti e Pisapia.

Da dove arriva questa tua passione per la politica? Da dove nasce la tua candidatura al Comune di Milano?
«Già al liceo a Pioltello, vicino a Milano, ero sempre in prima fila e sono stato per due anni rappresentante d’istituto: non mi è mai mancata la voglia di mettermi in gioco e la mia formazione “politica” è nata soprattutto sul web, grazia a Beppe e al suo blog. Mi sono appassionato subito, ho iniziato a seguire i gruppi locali impegnati nella difesa del territorio e poi, quando è partito il Movimento 5 Stelle, ho iniziato a dare una mano. Quando si parlava dei possibili candidati, è stato fatto il mio nome, me l’hanno proposto e ho detto di sì: in realtà chiunque poteva candidarsi via Internet. Alla fine eravamo in otto e dopo una votazione sono stato scelto io come portavoce della lista, che conta 48 candidati per Palazzo Marino, più quelli per i consigli di zona».

Quali sono le priorità nella gestione di Milano in questo momento?
«La prima cosa da fare, non solo in questa città, è cambiare il modo di fare politica, che deve diventare partecipativa per tutta la durata della legislatura e non solo nel periodo elettorale. Le porte del Comune e del Consiglio comunale devono essere “aperte” in ogni momento ai cittadini, tramite Internet e gli altri mezzi per una comunicazione continuativa, sia prima, con proposte e progetti discussi sul web, sia dopo, per dire agli abitanti cosa accade realmente nelle stanze dei bottoni. Inoltre, il nostro programma si basa su cinque temi principali: ambiente, acqua pubblica, trasporti, connettività e rifiuti zero. Tra i principali punti, vorrei ricordare la battaglia contro il traffico, da affrontare non con strumenti fallimentari come l’Ecopass, ma implementando i mezzi pubblici disponibili (premiando ad esempio chi li usa di più), creando una rete connessa con le piste ciclabili e le aree di parcheggio, e aumentando i collegamenti con l’hinterland circostante».

Quali sono stati principali errori della gestione di Letizia Moratti?
«Principalmente direi l’ottica con cui è stata gestita la città, orientata solo al breve termine e non al lungo periodo. Milano è stata considerata come un temporary shop, non c’è stata una politica a misura di un cittadino che la abita non solo oggi, ma anche domani. Pensiamo al mondo dell’edilizia: tante nuove costruzioni e nessun piano riguardante la ricostruzione o la ristrutturazione dei numerosi palazzi milanesi abbandonati o vuoti, per non parlare della pessima gestione dell’Expo e delle aree dove sorgeranno i padiglioni per ospitarlo. Inoltre, pensiamo ad un altro tema caldo della sua amministrazione, la sicurezza. La Moratti con le sue ordinanze e il coprifuoco ha peggiorato la situazione, rendendo alcune zone ancora più desolate e di conseguenza pericolose».

A proposito di Expo, siamo di fronte ad una partita persa per sempre?
«L’Expo 2015 è stata una grandissima occasione sprecata, perché i finanziamenti ricevuti non toccheranno i problemi veri di Milano: i soldi ricevuti erano una chance irripetibile per cambiarne il volto, ad esempio per quanto riguarda l’housing sociale e il trasporto pubblico, invece andranno a finanziare i nuovi navigli e i poli fieristici fuori città, che non servono».

Milano è una città ancora in grado di accogliere nuovi cittadini? Potrebbe ritornare ad essere il centro economico e morale del nostro paese?
«Per i giovani è molto difficile abitare a Milano, i prezzi sono troppo alti e mancano gli spazi per andare incontro alle loro esigenze, dallo scambio culturale allo studio serale passando per il telelavoro. Tutte cose già presenti nelle grandi città europee, peraltro. Bisognerebbe trovare degli indicatori alternativi al PIl per la qualità della vita, come la possibilità di avere dei prodotti a chilometro zero e la sostenibilità ambientale, e rilanciarsi da quelli. Da un punto di vista produttivo, inoltre, si è completamente svuotata: sono rimaste solo le agenzie delle multinazionali o gli uffici del terziario avanzato, il tessuto produttivo sembra essere scomparso. Per riportare la vita, la prima cosa da fare è un censimento degli spazi pubblici inutilizzati (come i seminterrati Aler) per darli ai giovani che vogliono aprire una loro attività. Un’assegnazione a prezzi contenuti, magari che coprono solo le spese per il Comune, ma che in questo modo non vanno a pesare in maniera esagerata sui bilanci di chi si mette in proprio».

Come si può affrontare il prevedibile aumento dell’immigrazione, causato delle tensioni internazionali?
«L’ondata di immigrazione incontrollata nata a seguito delle ultime vicende internazionali toccherà anche a Milano, ma a prescindere da questa emergenza (che deve essere gestita in maniera brillante), bisogna puntare su una politica diversa di aggregazione e sicurezza. Ad esempio, bisogna integrare nella pubblica amministrazione e nelle forze dell’ordine persone provenienti da altri paesi e da altre culture; inoltre, un mix e una fusione culturale porterebbero ad un aumento della vita artistica e sociale nelle strade, con una corrispondente diminuzione del pericolo percepito».
( Fps per Lombardianews )

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Pubblicato il 10 Maggio 2011
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