“Non chattare con gli sconosciuti”, l’educazione ai tempi di Facebook
La rete e l'uso che ne fanno i giovani sono stati al centro di un seminario all'Università dell'Insubria. Un tema affrontato partendo dalle preoccupazioni dei genitori
"Internet può diventare una risorsa educativa per le nuove generazioni?" È il quesito da cui è partito il convegno organizzato da Asl e Università dell’Insubria. « Come ogni novità – ha spiegato il professor Simone Vender, presidente del corso di laurea in Educazione professionale – anche la rete fa paura perchè è uno strumento che si ignora e di cui non si conoscono le influenze sulla psiche».
Cybercriminali, orchi, venditori di morte: internet è ricco di personaggi poco raccomadabili e da cui i ragazzi devono guardarsi. Ma come aiutarli?: « Il problema – spiega Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta – è che lo sviluppo tecnologico sta creando un fenomeno mai visto prima che viene definito "educazione rovesciata" perchè sono i figli a spiegare ai genitori. I nostri giovani fanno parte della "digital generazione" e della "touch generation", ragazzi nati con internet, gli smartphone, i touchphone. Per loro, sono "estensioni" del proprio sè, strumenti indispensabili per sopportare anche il più lieve il senso di noia, solitudine o malessere psicologico».
Considerando la rete uno strumento ormai indispensabile e lo sviluppo tecnologico inarrestabile, bisogna domandarsi come attrezzarsi per accompagnare gli adolescenti in un mondo sconosciuto: « Io reputo – assicura il dottor Lancini – che ai genitori non vada chiesto di conoscere internet e tutte le sue sfaccettature ma di aiutare i giovani ad affrontare il mondo esterno. Il pericolo, non lo dimentichiamo, è sempre fuori. Darsi tempi certi per la vita della famiglia, dando spazio al confronto, al dialogo e alla condivisione, fornire un’educazione con i valori tradizionali : direi che il modello educativo non cambia ai tempi di internet».
Certo, lo sviluppo della rete e della comunità virtuale ha permesso di aumentare i casi di adescamenti di minore, di frodi, di spaccio di droga: « Sono aumentati i casi di pedofilia on line ed è diminuita drasticamente l’età delle vittime – ha detto Marco Cervellini, sostituto commissario presso il Servizio di Polizia di Stato a Roma – Social network, motori di ricerca, programmi di file sharing: sono tutti luoghi che nascondono insidie varie da cui bisogna mettere in guardia i ragazzini. Il posto più pericoloso, però, sono le chat che ormai si ritrovano negli smartphone. Devono imparare a non fidarsi!».
Luoghi pericolosi ma anche luoghi dove i giovani sviluppano personalità diverse: « Lo scorso anno – racconta l’agente della Polizia postale – trovammo un uomo che pagava ricariche a ragazzine molto giovani in cambio di foto di parti del proprio corpo. Aveva coinvolto almeno 160 adolescenti».
La rete, comunque, è parte integrante della vita dei ragazzi: « Il problema – chiede il dottor Lancini – è capire se i ragazzi ne rimangono affascinati perchè la tecnologia si affina sempre di più e risponde alle loro esigenze o se siamo stati noi genitori ad averli relegati in un mondo virtuale perchè quello reale fa troppa paura. Così abbiamo regalato loro il telefonino alla prima comunione, e poi la play station, l’ipod, lo smartphone, il computer. Tutto un sistema per sostituire quelle piazze e quei cortili di una volta. Fino ai 14 o 15 anni, si riesce a trattenere i figli in un circuito organizzato, di solito, sportivo. Successivamente, però, quando smettono non trovano alternative. E così si addentrano nell’universo virtuale, trovandone anche molti lati positivi perchè la loro è un’età difficile, di crescita. Alle prese con un corpo che cambia, che li rende goffi e timorosi, i ragazzi riescono a sviluppare amicizie "senza il corpo". Oggi, i nostri giovani hanno meno atteggiamenti di sfida e contrapposizione verso i genitori ma cercano un’affermazione del proprio io, un luogo di sperimentazione, una sorte di incubatrice psichica.
I genitori, di solito, sono incerti: minimizzare o penalizzare. In entrambi i casi il rischio di perderli è altissimo, lasciandoli in balia dei venditori di "sottocultura". Essere vicino, condividere senza soffiocare. Cambiano gli strumenti, ma il ruolo del genitore non cambia»
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