Un nuovo destino per Varese

L'architetto Ovidio Cazzola scrive a VareseNews ed espone la sua idea di città

Negli anni 1992-1997 facevo parte del consiglio comunale di Varese a maggioranza leghista. Come esponente dell’opposizione avevo assunto la vicepresidenza della commissione urbanistica. E’ stata un’esperienza che mi ha consentito di riprendere dall’interno del Comune questioni che avevo già affrontato diversi anni prima affiancando come assessore, quando me lo chiedeva, il carissimo prof. Ambrosoli.

La nuova Giunta comunale era composta prevalentemente da persone con scarsa esperienza  amministrativa, ma poteva contare, per quanto riguarda la gestione urbanistica, sulle proposte dello studio in corso, già affidato dall’amministrazione precedente alla società Oikos di Bologna, per il nuovo Piano Regolatore, e sullo studio avviato del Piano integrato della mobilità a cura del Centro studi traffico di Milano. Si presentava all’attenzione dei redattori della proposta di Piano. la considerazione della bellezza della nostra città e la necessità di affrontare alcuni suoi problemi di fondo.
Voglio ricordarli ancora: il ruolo della città nell’Area Insubrica e quindi dotazione di luoghi di accoglienza e di immagine adeguate al riguardo; la necessità di una riforma radicale del sistema della mobilità urbana. Sono passati quasi vent’anni da allora, quando un processo coerente orientato a scelte che avrebbero dovuto essere compiute avrebbe dovuto essere avviato.
Quelle scelte sono mancate, quel processo non si è avviato. La città sta pagando tutto questo in termini sociali, culturali, economici.
Varese non è delimitabile dai suoi confini amministrativi. La città reale non è di 80 mila abitanti ma almeno di 150 mila.
La vita di relazione deve essere posta al centro della riorganizzazione urbana. Ciò significa individuare e creare luoghi e segni dell’identità urbana rappresentativi delle comunità in cui deve articolarsi il tessuto urbano riscattandolo dall’insignificanza attuale: luoghi in cui ci si riconosce, in cui ci si incontra, in cui si danno senso e progetto comuni.
Occorre a questo riguardo ricuperare anche il ruolo dei luoghi storici. E’ necessario –come a cavallo fra otto e novecento fu per la città turistica- individuare la possibile vocazione trainante della città. Le sue bellezze, i suoi valori ambientali e paesistici, nonostante le nefandezze compiute, sono ancora
evidenti. La collocazione strategica della nostra area nell’ambito insubrico, valorizzata dal previsto collegamento ferroviario con Stabio rendeva ragionevole una prospettiva di città congressuale, dell’incontro, della riflessione, del progetto La condizione necessaria era che fossero previste, fra l’altro, strutture congressuali adeguate per integrare le insufficienze di Villa Ponti e un nuovo sistema di mobilità appoggiato a un sistema su rotaia. Le indicazioni dello studio preparatorio del PRG in vigore (redatto negli anni ’90) erano chiarissime in tal senso. Nel frattempo l’Università è cresciuta e non può essere mantenuta nella condizione attuale di marginalità. Sotto il profilo infrastrutturale si è ancora fermi alle ‘tangenzialine’ che ancora una volta, come quasi un secolo fa era avvenuto per altre opere, non sanno rispettare i valori ambientali e paesistici. La valle dell’Olona è stata ancora una volta offesa.
Il sistema ferroviario ha come unica novità la bretella Stabio-Arcisate-Varese ma non riesce ancora a diventare un sistema metropolitano a cui appoggiare parcheggi esterni rispetto alle aree centrali già congestionate. Vi è la necessità primaria di rendere la città prevalentemente dedicata e organizzata per la pedonalità protetta, che favorisca l’incontro e il dialogo. E per la ciclabilità. Non più una città dominata e inquinata dalle automobili. Tanti anni sono passati invano.
Vi è una mancata consapevolezza del ruolo possibile, ma direi anche necessario di questa nostra città in un contesto territoriale più ampio, in cerca di riferimenti per costruire una sua autonomia rispetto alla dispersa città metropolitana milanese che arriva a comprendere ormai anche il Gallaratese.
Ci dobbiamo sentire tutti impegnati in questa fase, per ridefinire i luoghi della nostra vita comune, recuperando almeno parte di quella bellezza e di quei significati che meno di un secolo fa ci venivano consegnati e che negli ultimi decenni sono stati in notevole misura perduti.
Chiunque prevalga nel prossimo confronto elettorale ha questo compito ‘storico’ da assumere.
Gli ultimi 150 anni di storia di questa città ci indicano errori che non si poterono o non si volle evitare, e meriti di uomini e donne, di volontà illuminate a cui dobbiamo ancora oggi la nostra riconoscenza.
Desideriamo seguire il loro esempio con la definizione di nuove visioni, di un progetto che realizzi le nostre speranze.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Maggio 2011
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