Da Gallarate a Tarquinia per ritrovare la “porta dell’aldilà”

L'etruscologo gallaratese Lionello Morandi nell'equipe che ha scoperto un sito di 2700 anni fa: un luogo dove le famiglie etrusche davano l'ultimo saluto ai defunti

Hanno portato alla luce una tomba gentilizia di 2700 anni fa, una sorta di piazza privata, dove le famiglie etrusche si trovavano per commemorare i defunti: la scoperta, straordinaria,  è stata fatta a Tarquinia dall’equipe dell’Università di Torino. Nel gruppo di archeologi che lavora nella necropoli della Doganaccia c’è anche un etruscologo di Gallarate, Lionello Morandi.
 «La campagna di scavo dura da fine luglio ai primi di settembre, ogni anno scaviamo una parte», spiega Morandi, che ha 26 anni e passa qui le sue estati da qualche anno, prima da studente, ora da collaboratore laureato. «La Doganaccia è una necropoli orientalizzante del 7° secolo a.C., si sta indagando il tumulo della Regina – questa la denominazione popolare in zona – e le aree limitrofe». Il lavoro è affidato ad archeologi e studenti coordinati dal professore Alessandro Mandolesi (etruscologia e antichità italiche all’Università di Torino) e dall’archeologa romana Daniela De Angelis.  «Nelle campagne precedenti (2008-2009) – continua Morandi – è stato portato alla luce il piazzaletto antistante la camera principale della tomba, caratterizzato da una imponente struttura a gradino, una scalinata d’accesso. La campagna di quest’anno si sta concentrando sullo scavo delle due camerette laterali al piazzale, sul lato destro e sinistro, che conservano tracce di intonaco dipinto. Si tratterebbe delle più antiche pitture etrusche dell’area: la novità è che tutti lati del piazzale sono intonacati, gesso alabastrino con tracce di pitture in rosso e nero». Le tracce sono labili, lo studio sarà lungo e basato su un lavoro di spettrografia elettronica, per cercare di capire cosa rappresentino.

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Scoperte etrusche a Tarquinia 4 di 7

Nonostante lo studio ancora da fare, si sa che queste strutture servivano «per le cerimonie funebri, ma anche per l’esposizione del corredo almeno per un periodo successivo, forse per il ritrovo delle famiglie». «Uno spazio importante dunque per la gens del defunto, che esprimeva i suoi valori negli affreschi, di cui rimangono tracce molto labili. Era uno spazio aperto, che si è riempito successivamente, come dimostrato dalle indagini sul terreno». La struttura particolare sta suggerendo possibili connessioni che confermano i rapporti degli etruschi con altre civiltà mediterranee: «Il piazzale largo lega Tarquinia con Cipro, un rapporto confermato anche da ritrovamenti di ceramiche e artigianato in altre aree etrusche».
 Nei giorni scorsi lo scavo è arrivato ad un altro punto importante, l’apertura della cameretta di destra della tomba (nella foto), «che era stata già profanata in antico con la rimozione della lastra. La cameretta di sinistra invece è crollata, ma ha una pianta interessante da studiare». Ma il ritrovamento di qualcosa di ignoto consegna anche emozioni? «Esiste il momento in cui, spostando la terra, si scopre la decorazione nascosta da millenni o si apre il buchetto che da accesso ad un locale. Talvolta c’è la sorpresa della scoperta improvvisa, ma poi per comprendere il contesto servono duro studio in biblioteca e paziente catalogazione del materiale dello scavo».

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Pubblicato il 20 Agosto 2011
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